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Vino, dal metanolo alla sicurezza alimentare


“Sono trascorsi 30 anni dallo scandalo del vino al metanolo – ricorda Silvio Chionetti, vicedirettore della Cia di Cuneo e produttore vitivinicolo – quando nel marzo del 1986 molte persone si sentirono male ( una ventina morirono ed una quindicina rimasero cieche) per avere bevuto vini prodotti dalla tristemente nota azienda di Narzole che aveva aggiunto al vino dosi elevatissime di metanolo per aumentare la gradazione alcolica. Il Paese rimase attonito di fronte a questa vicenda, l’opinione pubblica fu scossa scoprendosi popolo di consumatori indifeso per la mancanza di garanzie e certezze nell’uso di un così diffuso prodotto alimentare. Le conseguenze immediate ed inevitabili furono il crollo del mercato italiano del settore, oltre ad una grave perdita d’immagine su tutta la produzione nazionale di vino, abbattendosi in particolar modo su quei vignaioli onesti della provincia di Cuneo che nulla avevano da spartire con quei truffatori. Da quell’avvenimento si cominciò a lavorare alla costruzione del concetto di “sicurezza alimentare”, con l’attuazione di una serie di provvedimenti rivolti a colmare un vuoto normativo, che fino ad allora non era neanche avvertito come tale: l’istituzione e la diffusione capillare su tutto il territorio dei Nas, il nucleo antisofisticazioni e sanità dell’arma dei Carabinieri, l’organo di controllo e tutela della qualità dei prodotti, il potenziamento dell’Icq (Istituto controllo qualità) che svolge le analisi chimiche e microbiologiche sugli alimenti, coinvolgendo ogni comparto dell’agroalimentare italiano in difesa del consumatore. Un modo severo, dimostratosi virtuoso e senza uguali in Europa, con cui sbarrare la strada a prodotti con tracce di contaminazioni microbiologiche, tra cui micotossine, salmonelle, streptococchi, biotossine algali, ecc.. Nel campo del vino, a partire proprio dal 1986,fu assai forte la reazione di giovani vignaioli, come Elio Altare, Giorgio Rivetti, Chiara Boschis, Claudio Conterno, Luciano Sandrone e tanti altri che intesero rispondere cambiando il volto dei vini, per assicurare ai consumatori quell’elevatissima qualità e sicurezza alimentare che si dimostrerà, negli anni successivi, alla base del successo economico d’eccezione che il loro prodotto riscuote in Italia ed all’estero. Concentrarono i loro sforzi sulla valorizzazione dei vini piuttosto che sui volumi prodotti, puntando su un sistema di denominazioni e di controlli più rigido e su una promozione più accurata per sviluppare le vendite, in un contesto di sempre più forte competizione.
“Oggi l’Italia – ha rilevato il presidente regionale della Cia Ludovico Actis Perinetto – è prima in Europa per numero di vini con indicazione geografica: se nell’1986 la quota di vini doc e docg caratterizzava il 10 % della produzione, oggi ne rappresenta quasi il 38%. Se si considerano anche i vini Igt, si arriva al 71%, in altre parole più di due bottiglie su tre sono “certificate”. Nel 2015 l’Italia ha esportato vino per un valore 5,4 miliardi in valore, un record storico. Il comparto del vino rappresenta ormai una componente di primo piano per il settore agroalimentare nazionale ed é importante anche per l’indotto turistico che riesce a garantire”.
“A trent’anni di distanza da quel vergognoso scandalo del metanolo- conclude il vicedirettore della Cia di Cuneo -, il vino italiano, a cominciare da quello cuneese e piemontese, ha saputo costruire il proprio riscatto sul terreno della qualità. Se una sfida c’è ancora da giocare e vincere è quella della promozione, soprattutto “in casa”. Constatiamo consumi interni in calo costante da più di 20 anni, se una volta era inconcepibile una tavola apparecchiata senza la presenza di una bottiglia di vino, considerata parte integrante del pasto e della dieta quotidiana, oggi il consumo è sempre più legato a occasioni speciali, lontane dai pasti ed ha smesso di essere un alimento per diventare una bevanda, al pari di tutti gli altri alcoolici, dimenticando le proprietà salutari del bicchiere di vino a pasto. Diventa indispensabile, ed urgente, allora una strategia di settore orientata alla promozione che sappia restituire al vino il posto che gli spetta nella dieta mediterranea”.