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Vincolo paesaggistico, tanti dubbi sul nuovo decreto


Cambia ancora il procedimento di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. Il Dl 83 del 31 maggio 2014 interviene di nuovo sull’iter amministrativo previsto per la realizzazione di interventi edilizi in aree sottoposte a vincolo.
L’autorizzazione paesaggistica costituisce un atto amministrativo autonomo e presupposto rispetto al permesso di costruire ed è concessa dalla Regione o dall’amministrazione da essa delegata ad esercitare la funzione autorizzatoria in materia di paesaggio, dopo avere acquisito il parere da parte della Soprintendenza competente.
A seguito della modifica introdotta dal Dl 83/2014, è stato eliminato quanto previsto dal comma 9, dell’art.146, del d.lgs. n. 42/2004, secondo il quale – nel caso in cui il soprintendente non avesse dato parere entro 45 giorni dalla ricezione degli atti – l’amministrazione avrebbe potuto indire una conferenza di servizi, pur dovendo in ogni caso concludere il procedimento decorsi 60 giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente.
Il procedimento ora prevede che decorsi 60 giorni dalla recezione degli atti da parte del sopraintendente senza che questi abbia reso il proprio parere, l’amministrazione competente e, cioè, la Regione o l’ente da essa delegato, provvede egualmente ad esprimersi sulla domanda di autorizzazione. La modifica cancella la facoltà di indire la conferenza di servizi.
Il Dl 83/2014 lascia comunque aperto il dibattito sull’interpretazione della norma con riferimento agli effetti del silenzio del soprintendente. Secondo un’interpretazione letterale e in base a quanto previsto dalla giurisprudenza meno recente il silenzio comporta che la competenza ad esprimersi viene immediatamente trasferita all’amministrazione competente. Secondo, invece, la giurisprudenza più recente in caso di mancato rispetto del termine di pronuncia da parte del soprintendente, il potere di tale autorità continuerebbe a sussistere.
Pertanto, la conclusione dell’iter amministrativo al quale la Regione è obbligata (ora senza dover convocare la conferenza di servizi) dovrebbe essere nel senso di dichiarare la improcedibilità dello stesso. L’inerzia della soprintendenza sarebbe risolvibile avviando un ricorso al Tar per la dichiarazione di illegittimità del silenzio-inadempimento e il conseguente ordine di procedere. Questa seconda interpretazione, si discosta dal senso letterale della norma per cui si auspica che in fase di conversione del decreto legge sia fatta chiarezza.

(Fonte: ilpuntocoldiretti.it)