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Va bene il caporalato ma si pensi ai prezzi


E’ positivo il via libera del Senato al ddl contro la piaga del caporalato, ma ora occorre anche intervenire per rompere la catena dello sfruttamento che inizia dal sottopagare i prodotti agricoli pochi centesimi.
Ad affermarlo è la Coldiretti in occasione dell’approvazione a Palazzo Madama del disegno di legge per il contrasto al lavoro nero che dovrà ora passare al vaglio della Camera. Occorre combattere senza tregua – afferma la Coldiretti – il becero sfruttamento che colpisce spesso la componente piu’ debole dei lavoratori agricoli, con pene severe e rigorosi controlli, ma serve una grande azione di responsabilizzazione di tutta filiera, dal campo alla tavola, per garantire che dietro tutti gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali, ci sia un percorso di qualità che riguarda l’ambiente, la salute e il lavoro, con una equa distribuzione del valore che non è possibile se le arance nei campi sono sottopagate a 7 centesimi al chilo e i pomodori poco di piu’. Contro la piaga del caporalato si sono moltiplicate le iniziative promosse dalla Coldiretti, come quella intrapresa in collaborazione con la Focsiv – Volontari nel mondo che ha già visto la consegna di 12 moduli igienici e 6 docce per la realizzazione del villaggio solidale a Nardò, con l’obiettivo di garantire condizioni di vita dignitose agli immigrati che lavorano in campagna. Ma va ricordato anche l’accordo della Coldiretti Calabria con l’Airc (Associazione Italiana Ricerca sul Cancro) per le Arance della Salute per consentire la vendita e la distribuzione delle Arance della Calabria che rendono possibile un ritorno economico sostenibile per le imprese e una giusta remunerazione dei lavoratori.

CAPORALATO AL CONTRARIO

“Siamo vittime di un caporalato al contrario, in cui si sfrutta il lavoro degli ‎agricoltori impedendogli di avere un ‪reddito adeguato”. Lo ha detto il Presidente nazionale della Cia, Dino Scanavino, a proposito dei produttori di grano duro e di frumento tenero che hanno lavorato duramente per un anno per poi trovarsi in azienda un prodotto di ottima qualità che viene pagato molto meno di quanto costa produrlo e quindi, invece di vedersi remunerata la loro fatica, ci rimettono dei soldi.

Il caporalato, inteso come sfruttamento della componente più debole dei lavoratori agricoli, soprattutto immigrati, è una pratica deplorevole, che va combattuta e repressa, ma serve anche una grande azione di responsabilizzazione del mercato per garantire un prezzo equo ai prodotti agricoli. Altrimenti non solo si determina un “caporalato al contrario” nei confronti degli agricoltori, ma si corre il rischio di incrementare nelle campagne il caporalato storico, spesso collegato ad organizzazioni malavitose.

Le norme per sconfiggere il lavoro nero ed il caporalato sono benvenute, ma in parallelo é necessario fare un ragionamento sui prezzi dei prodotti agricoli, sui costi di produzione e su ciò che si deve riconoscere ai produttori. L’iniqua distribuzione del valore lungo la filiera a danno degli agricoltori alimenta la catena dello sfruttamento, per spezzare la quale va aperto un confronto serio su costi di produzione e prezzi.

Non c’è nessuna giustificazione per chi sfrutta la mano d’opera, ma un approccio puramente repressivo al lavoro nero ed al caporalato rischia di essere poco efficace. Per combattere il lavoro nero ed il caporalato occorre affrontare con decisione anche il vecchio e mai risolto problema degli ingiustificabili squilibri all’interno delle filiere.