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Tutti i paradossi del mercato del mais


In Italia non si può produrre il mais ogm, ma lo si può importare ed utilizzare. Anzi ogni anno se ne importa sempre di più. Quest’anno si prevede che butteremo al vento più di un miliardo di euro per acquistare il mais dall’estero. Si stima che nel 2016 il 50% del mais che verrà utilizzato in Italia sarà di importazione ed in percentuale notevole sarà ogm. E pensare che nel 2001 eravamo autosufficienti. Poi è cominciata una fase di lento declino. Nel 2004 abbiamo importato il 10% del mais di cui avevamo bisogno, diventato poi il 20% nel 2009, il 30% nel 2012. Per la campagna di quest’anno si potrebbe arrivare ad importare la metà esatta del fabbisogno italiano, che è pari a circa 11 milioni di tonnellate. E’ in aumento anche l’import di mangimi manipolati, ma si finge di ignorarlo e il deficit alimentare cresce.

Le motivazioni del declino e della disaffezione degli agricoltori verso questa coltura sono da ricercare in diversi fattori, ma un motivo non secondario è costituito dal fatto che il mais nazionale, persino il migliore in termini sanitari, viene pagato meno di quello di provenienza estera (in questo periodo il mais nazionale vale dai 15 ai 20 euro in meno a tonnellata) e meno anche del mais ogm, che ha costi di produzione inferiori, perché necessita di meno trattamenti con insetticidi, essendo più resistente alla piralide e quindi meno a rischio di contaminazione da micotossine.

La scelta di un’agricoltura ogm free può essere un valore aggiunto alla distintività della nostra offerta agroalimentare in ragione delle nostre peculiarità e della nostra storia, ma se vogliamo che i nostri produttori non guardino con invidia e frustrazione al mais ogm, dobbiamo garantire loro un reddito adeguato. Gli agricoltori pretendono qualcosa di più tangibile dei pronunciamenti contro gli ogm. Pretendono giustamente che il loro mais ogm free venga pagato qualcosa in più.

Un modo per salvaguardare chi produce mais ogm free sarebbe quello di imporre che non solo i prodotti che contengono ogm, ma anche gli alimenti nella cui filiera produttiva entrano gli ogm, pur in assenza delle relative tracce, siano tenuti a far figurare sull’etichetta la dicitura che per la loro produzione sono stati utilizzati organismi geneticamente modificati. Solo così la scelta dell’ogm free acquisterebbe un valore ed un significato precisi, e garantirebbe un po’ più di reddito agli agricoltori che sono costretti a rinunciare a coltivare gli ogm.

Tutti i prodotti derivati da carne e latte – formaggi, salumi, prosciutti -, compresi i prodotti Dop e Igp, hanno come base il mais, ma stiamo correndo il rischio di non disporre di mais italiano a sufficienza per sorreggere le nostre produzioni di qualità. È necessario trovare soluzioni adeguate, entrando nel merito dei problemi e mettendo da parte le ideologie, per permettere a questa coltura di tornare a essere quella che era un tempo, ovvero una delle colture portanti del nostro sistema agricolo.

(Fonte: Cia Piemonte)