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Suini, calano consumi macellazioni e prezzi


Calano i prezzi dei suini pesanti made in Italy. Dopo che nelle prime sette settimane dell’anno si è assistito ad un aumento delle quotazioni determinato dalla ridotta quantità di capi in offerta, l’industria ha adottato una politica di drastica riduzione delle macellazioni settimanali. Diminuendo la domanda, il prezzo è precipitato fino al livello minimo attuale raggiunto nella sedicesima settimana (1,30 € kg/peso vivo).
Anche se il confronto tra la media dei prezzi delle prime 18 settimane del 2013 con quelle del 2012 resta in attivo (+7,7 per cento, 1,46 € rispetto a 1,355 €), occorre tenere in considerazione i cresciuti costi di produzione. Analogo andamento si registra anche sui mercati europei: Utrecht +5,4 per cento rispetto al 2012 e Mercolleida +9,1 per cento. A differenza dell’Italia, sulle piazze straniere le quotazioni sono rimaste in aumento o stabili fino alla diciassettesima settimana, dalla quale si è popi manifestata un’inversione di tendenza con caduta del prezzo.
All’inizio dell’anno il mercato si è avvantaggiato del positivo volano di fine 2012. Successivamente, in Italia si è riscontrata una drastica riduzione delle lavorazioni a Denominazione di origine protetta (Dop). A partire da febbraio si è assistito alla riduzione del 16 per cento delle cosce salate Dop rispetto sia allo stesso mese dell’anno precedente che a gennaio 2013. La riduzione delle produzioni a denominazione di origine si sta protraendo anche dopo febbraio. Questo comportamento condiziona pesantemente anche le macellazioni Dop che, infatti, hanno fatto segnare un crollo del -17,4 per cento (dato febbraio 2013).
Il crollo dei consumi dei prosciutti (nella Grande distribuzione organizzata superiore al 10 per cento) ed in parte della carne suina è dovuto alla situazione economica in cui versano le famiglie e anche allo sfavorevole andamento meteorologico. I consumi hanno un andamento stagionale e, di norma, tendono a crescere con l’arrivo della stagione calda, che quest’anno purtroppo tarda. In ogni caso c’è, in questi ultimi tempi, c’è qualche timido segnale di ripresa delle vendite di prosciutti che gradualmente riprendono fiato dopo i primi difficili mesi dell’anno.
Per quanto riguarda l’offerta di suini, informazioni di campo indicano ancora la presenza di partite di capi in attesa di macellazione e questo potrebbe richiedere alcune settimana prima di un ritorno alla normalità e, quindi, alla ripresa delle quotazioni.
Per quanto riguarda i restanti mercati europei, anch’essi vivono qualche incertezza per una riduzione delle esportazioni verso alcuni importanti Paesi come Russia, Cina e Giappone e per una flessione dei consumi. La previsione realizzata dalla Dg Agricoltura della Commissione Ue indica una diminuzione dell’export comunitario del 13,9 per cento rispetto al 2012, mentre per i consumi si registra una flessione del 2,5 per cento. La suinicoltura europea quest’anno dovrebbe produrre circa il 109,7 per cento del proprio fabbisogno e quindi è di estrema importanza la collocazione dell’eccedenza sui mercati dei Paesi terzi.
Purtroppo la Russia, che è stato un grande importatore in questi anni, sta facendo politiche protezionistiche e cerca di aumentare la propria capacità di autoapprovvigionamento. D’altra parte, le suinicolture Nord-Americane sono in questo momento più competitive per il prezzo rispetto a quella europea.
Ma il comparto suinicolo in Italia non può certo paragonarsi a quello degli altri Paesi competitori e rimane inutile seguire la chimera della riduzione dei costi di produzione (anche se un certo grado di efficienza deve essere maggiormente perseguito), visto che la peculiarità della nostra produzione è unica nel panorama europeo e mondiale. Quello di cui necessita è una decisa politica di valorizzazione che deve partire dalla obbligatorietà dell’indicazione dell’origine del suino in tutti i prodotti della macelleria e della salumeria.
Circa le previsioni di produzione europea, nel 2013 c’è una certa incertezza per quanto riguarda il secondo semestre dell’anno. Non è possibile al momento quantificare quale potrà essere l’effetto dell’applicazione della Direttiva benessere per le scrofe, che vede già dieci Paesi diffidati per la mancata piena attuazione. Le incertezze del mercato attuale e una certa severità nel far rispettare le norme sul benessere potrebbero determinare una riduzione della produzione più significativa rispetto a quella attualmente prevista, che si attesta intorno al 3,3 per cento rispetto al 2012. Se ciò avvenisse, sicuramente i mercati dovrebbero rilevare prezzi in crescita.

(Fonte: ilpuntocoldiretti.it)