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Solo aumentando il prezzo si può salvare la carne


I rappresentanti degli allevatori di bovini da carne di Italia (Consorzio L’Italia Zootecnica) e Francia (Fédération Nationale Bovine) si sono riuniti lunedì scorso in Veneto, per uno scambio di opinioni sulla grave situazione economica in cui versano gli allevamenti e sulle prospettive del comparto. Il forte aumento dei costi di produzione, il calo dei consumi e i prezzi alla stalla fermi da oltre vent’anni stanno, infatti, portando le imprese zootecniche verso il tracollo e si rendono pertanto necessari interventi immediati, prima che sia troppo tardi.
“Insieme ai colleghi francesi – ha dichiarato Marco Favaro, presidente della sezione bovini da carne di Confagricoltura Piemonte – abbiamo individuato una priorità: la grande distribuzione organizzata e i trasformatori devono riconoscere un valore equo alla carne prodotta dagli allevatori, per poter così aumentare i prezzi alla produzione e dei giovani bovini e vitelli da ristallo e dare quindi prospettive alle attività degli allevatori italiani e francesi, garantendo continuità all’ingrasso e accrescendo il numero delle vacche nutrici. La sostenibilità della filiera dipende infatti dal mantenimento di queste attività”. Ad avviso dei rappresentanti degli allevatori dei due Paesi, è anche essenziale rafforzare le normative comunitarie in materia di etichettatura di origine e di tracciabilità dei prodotti, al fine di poter fornire ai consumatori tutte le informazioni che possono evidenziare la qualità della produzione. A questo riguardo, le due organizzazioni zootecniche ritengono che si debbano anzitutto salvaguardare le disposizioni sull’etichettatura facoltativa delle carni bovine. Infine, hanno anche sottolineato l’importanza di orientare gli aiuti previsti dalla nuova Pac verso la produzione di carne bovina, per favorire un riequilibrio del reddito degli operatori del settore. In base ai dati dell’ultimo censimento dell’agricoltura, gli allevamenti zootecnici in Piemonte sono 13.284, con 818.798 capi bovini allevati. In dieci anni il patrimonio zootecnico è rimasto sostanzialmente invariato, ma il numero delle aziende produttrici è diminuito del 28,6% e ora la situazione rischia di precipitare.