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Semina mais previsioni in calo


Le ultime campagne hanno registrato una continua flessione delle superfici coltivate a mais, fino agli 870.000 ettari accertati dall’Istat nel 2014. La stessa Istat, a seguito di un’indagine presso gli agricoltori sulle intenzioni di semina, prevede per il 2015 una ulteriore contrazione delle superfici destinate a mais da granella dell’8%. Ancor più rilevante il disinvestimento previsto al Nord-ovest: meno 9,8%.
Il mais era l’ultima grande commodity per la quale l’Italia poteva vantare livelli di approvvigionamento vicini all’autosufficienza, ma è ormai entrato di diritto a far parte della lista delle materie prime per le quali siamo sempre più dipendenti dall’estero. La bilancia commerciale ha visto le importazioni di granella balzare in dieci anni da un fisiologico valore del 5% ad oltre il 35%.
Le recenti statistiche diffuse dalla Commissione Ue pongono l’Italia al quarto posto in Europa nella coltivazione di mais da granella, dopo Romania, Francia ed Ungheria. Dieci anni fa eravamo secondi.
La contrazione delle superfici è la dimostrazione lampante che i coltivatori hanno perso un po’ di entusiasmo per il mais, trovandosi ad affrontare una serie di difficoltà come la questione nitrati, la limitazione delle conce, la comparsa della Diabrotica e la presenza di micotossine, che si sono aggiunte alle frequenti crisi di mercato ed alle annate troppo siccitose o piovose.
Il mais è la fonte energetica per eccellenza utilizzata in alimentazione animale, per tutte le categorie di allevamento. La maggior parte del mais disponibile in Italia è infatti destinata all’uso zootecnico, mentre solamente una piccola percentuale è utilizzata per altri impieghi. Non solo la carne e il latte dipendono dai suoi chicchi, ma anche molti importanti prodotti trasformati, dai formaggi ai prosciutti dop, che sono l’orgoglio del made in Italy.
Il maie é una coltura essenziale per l’agricoltura italiana, anzi, strategica, alla quale non si puo’ rinunciare. La politica italiana, ma anche le rappresentanze del mondo agricolo, dovrebbero incominciare a riflettere seriamente sullo stato sempre meno brillante della maidicoltura italiana.

(fonte: Cia Piemonte)