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Scandalo pensione di cittadinanza: sarà più alta di quella percepita dalla gran parte degli ex agricoltori


La pensione di cittadinanza sarà più alta di quella percepita dalla gran parte degli ex agricoltori: su un milione di pensionati agricoli circa 650 mila percepiscono un assegno di circa 500 euro ben sotto la cifra di 780 euro prevista per il reddito di cittadinanza. A mettere in evidenza il paradosso è l’Inac, il patronato della Cia- Agricoltori Italiani commentando l’ultima bozza del decreto su pensioni e reddito. “La cosa che non torna e che rappresenterebbe un vero paradosso – spiega all’Adnkronos Antonio Barile, presidente del patronato – è il fatto che la pensione di cittadinanza garantirebbe, a persone che non hanno versato un solo euro di contributi, assegni di importi superiore a quelli destinati agli agricoltori”.

La maggior parte degli ex agricoltori infatti non possono accedere alla pensione di cittadinanza per mancanza di requisiti anche relativi al valore del patrimonio immobiliare, che diverso dalla casa dove si abita, non deve superare i 30 mila euro. Quindi, se un ex agricoltore ha un terreno che vale più di 30 mila euro, ad esempio, anche se ha un reddito che rientra nei tetti previsti dal decreto del governo, non può usufruire della misura.

Ma le pensioni degli agricoltori, in base all’ultimo Report sociale di Inac Cia sono bassissime, con assegni mensili di appena 513 euro (integrate al minimo), quindi al di sotto della soglia indicata dalla Carta sociale europea di 650 euro.

“Quindi, chi ha lavorato una vita in agricoltura, versando i regolari contributi, rimarrà con una pensione al di sotto della soglia di povertà” sottolinea Barile.

Rispetto poi alla possibilità di andare in pensione con quota 100, quindi con 62 anni di età e 38 anni di contributi “si evidenzia un cambio di tendenza concettuale rispetto alla Fornero – commenta Barile –, da questo punto di vista ci sono elementi di positività per la nostra categoria. Mentre per circa un milione di pensionati ex agricoltori potrebbe non esserci alcun beneficio” se non quello di andare in pensione prima, rinunciando però al versamento di 5 anni di contributi”.

Quest’anno – stima l’Inac-Cia – gli agricoltori che andranno in pensione rappresentano meno del 3% della platea complessiva di 500 mila in attività, considerato però che attualmente il 41% è over 65. Del resto, la situazione è tale da “non consentire pensioni dignitose – chiosa Barile – e di conseguenza stenta a decollare il ricambio generazionale”.

Cia-Agricoltori Italiani e Inac sono impegnati per garantire pensioni dignitose anche ai giovani coltivatori, con l’istituzione di una “pensione base”, di importo pari alla pensione minima prevista dalla Carta sociale europea ad almeno 650 euro, in aggiunta alla pensione liquidata interamente con il sistema contributivo.

 

(Fonte: Cia Piemonte)