Resistenza agli antibiotici e redditività aziendale: buoni risultati in Danimarca e Olanda, l’Italia deve agire
Mancano ancora alcuni mesi, ma si sta già lavorando all’organizzazione della prossima Giornata della Suinicoltura, giunta alla sua quinta edizione. L’evento questa volta si terrà a Cremona, il 13 novembre 2019, presso la sala congressi del Cremona Palace Hotel in via Castelleone 62.
Il tema al centro dell’evento, che come sempre farà perno sulla partecipazione di esperti tra i più illustri del settore sia a livello scientifico che istituzionale, nazionale ed estero, riguarderà la lotta all’antibioticoresistenza in allevamento, la corretta gestione del farmaco e i legami con la redditività aziendale.
Loris Alborali, responsabile della Sezione diagnostica presso l’Iszler della Lombardia e dell’Emilia Romagna con sede a Brescia (Istituto zooprofilattico sperimentale) sarà uno dei relatori della Giornata.
Con lui abbiamo tracciato un piccolo quadro della situazione sia a livello nazionale che europeo.
Dottor Alborali, quanto è grave attualmente il problema dell’antibioticoresistenza negli allevamenti suinicoli italiani?
«L’antibioticoresistenza è un problema centrale che interessa numerosi settori, primo fra tutti quello umano, ma in maniera rilevante anche quello zootecnico e ambientale. Nell’allevamento suinicolo l’utilizzo degli antibiotici deve essere sicuramente migliorato e per far questo è necessario il contributo di tutto il comparto. È fondamentale che nel corso del 2019 parta un segnale forte finalizzato alla riduzione del consumo globale degli antimicrobici e in particolare di quelli critici».
Su quali fronti si sta lavorando con maggiore efficacia per ridurne l’impatto negativo?
«Diversi sono i fronti su cui si è cominciato a lavorare. Occorre partire dalla consapevolezza che è possibile iniziare subito a fare qualcosa riducendo l’utilizzo dei medicati, privilegiando i trattamenti individuali e mirati. È altrettanto determinante il ricorso alla diagnostica finalizzata all’identificazione dei patogeni e alla selezione delle molecole da utilizzare, dando priorità agli antibiotici di primo intervento rispetto a quelli di secondo e terzo. Questo anche per escludere il problema sanitario e indirizzare gli interventi verso il miglioramento delle condizioni di benessere e gestione dell’animale. Inoltre si sta lavorando molto affinchè il medico veterinario e l’allevatore abbiano a disposizione il dato di consumo e il confronto con il relativo livello raggiunto negli altri allevamenti».
Qual è la situazione a livello europeo?
«L’antibioticoresistenza è una problematica che ha coinvolto molti Paesi non solo europei. Alcuni di essi, quali la Danimarca e l’Olanda, hanno iniziato a lavorare diversi anni fa e oggi vantano un sistema che li sta portando a una riduzione progressiva degli antibiotici. Gli altri Paesi europei hanno iniziato il percorso solo successivamente e stanno lavorando anche se con intensità e percorsi diversi per ridurre i consumi di antibiotici, migliorare il livello di biosicurezza e di benessere delle aziende ottimizzando l’utilizzo dei vaccini e di prodotti alternativi».