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Quando il “bio” batte l’industria


Le trasformazioni su piccola scala di materiale di alta qualità biologico determinano una migliore qualità sensoriale e nutrizionale del prodotto rispetto alle trasformazioni industriali.
E’ quanto sta emergendo dal progetto Favor-DeNonde su “Essiccamento, succhi e puree di frutti ed ortaggi biologici: cosa accade ai composti “desiderati” e “non desiderati”?” in corso di realizzazione presso l’Unità di Ricerca per i processi dell’industria agroalimentare del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria.

Il progetto è iniziato il 30 marzo 2015 e sono in corso le analisi dei prodotti raccolti nell’estate 2015 e sottoposti a trasformazione nei mesi seguenti. I primi risultati indicano forti differenziazioni nella composizione dei prodotti, non solo in base alla provenienza ma anche al tipo di coltivazione e alla tecnica di trasformazione utilizzata. I risultati dello studio aiuteranno a far luce sull’effetto del metodo di coltivazione (biologico contro convenzionale) e della trasformazione sulla qualità dei prodotti ortofrutticoli. I dati preliminari di metà progetto indicano che le trasformazioni su piccola scala di materiale di alta qualità biologico determinano una migliore qualità sensoriale e nutrizionale del prodotto rispetto alle trasformazioni industriali.

L’obiettivo della ricerca è contribuire al miglioramento della conoscenza dei prodotti orto-frutticoli di origine biologica, studiandone le caratteristiche qualitative in confronto ai prodotti provenienti da agricoltura convenzionale nonché l’evoluzione degli stessi parametri in relazione a diverse tecnologie di trasformazione. Il progetto ha l’obiettivo della valutazione qualitativa dei prodotti agroalimentari di provenienza biologica lungo la filiera di trasformazione attraverso lo studio dei composti desiderati”, come gli antiossidanti e gli esaltatori di gusto positivo e di quelli “non desiderati”, come gli allergeni e le micotossine. Tali misure sono messe in correlazione con saggi sensoriali condotti su panel addestrati.
I prodotti considerati sono di largo consumo, come mela trasformata in succo, pomodori, peperoni, fragole e prugne essiccate.

Particolare attenzione è rivolta alle varietà locali ed agli impianti di trasformazione sostenibili, semplici e di piccole dimensioni, ottimali per le aziende agricole medio piccole che permetterebbero di promuovere la filiera corta (ad es. vendita diretta, mercati locali e commercio in rete). Il progetto intende appurare se le trasformazioni home made (piccole quantità materiale di alta qualità determinano una migliore qualità sensoriale e nutrizionale del prodotto rispetto alle trasformazioni industriali. Obiettivi secondari sono la caratterizzazione di diverse varietà di prodotti ortofrutticoli a larga diffusione provenienti da coltivazioni biologiche e convenzionali; la valutazione della trasformazione in prodotti di largo consumo, mettendo a confronto metodologie tradizionali con metodologie innovative e sostenibili.

Il progetto parte dall’analisi di prodotti ortofrutticoli biologici e convenzionali tra i più diffusi impiegati per la produzione di succhi di frutta e puree. Tra gli antiossidanti, si ricerca la presenza della vitamina C e dei polifenoli, la presenza del glutammato e del glutatione.
L’Istituto di Milano del CreaA sta analizzando come incide sulla qualità del prodotto l’utilizzo di nuove tecniche agronomiche (ad es. la pacciamatura bio), l’essiccamento solare e convenzionale nella produzione di marmellate di fragola con un impianto miniaturizzato. La ricerca mira ad individuare composti a sensazione gustative positiva (esaltatori del gusto) e come variano in base al tipo di coltivazione o con la trasformazione. Per quanto concerne i pomodori essiccati i dati stanno evidenziando un livello di polifenoli maggiore nel prodotto fresco senza differenze tra bio e convenzionale. Dopo la trasformazione, il contenuto di polifenoli, diminuisce, invece, in misura minore nel prodotto biologico.

Per quanto riguarda le marmellate di fragola, le fragole biologiche si caratterizzano per un più alto contenuto di antociani mentre non ci sono differenze nel contenuto di vitamina C dopo la trasformazione la diminuzione del contenuto di antiossidanti è maggiore nelle marmellate ottenute con fragole convenzionali

In tale ambito, l’Estonia sta studiando come la qualità del succo di mela cambia se si utilizzano tecnologie più sostenibili e se un diverso contenuto di polifenoli può essere una difesa naturale contro la patulina, micotossina presente nelle mele marce e colpite da muffa. Sono state analizzate diverse varietà di mele coltivate con metodo biologico, prendendo in considerazione tre metodi di estrazione di succo di frutta (tradizionale e home made, industriale e innovativo su piccola scala). L’obiettivo è verificare come differisce la qualità del prodotto biologico a seconda delle varietà e dei diversi metodi di estrazione.

Dai primi dati emerge che con il processo home made si ha una maggiore perdita di polifenoli a causa dell’ossidazione enzimatica, mentre risultati interessanti si hanno con la lavorazione industriale su piccola scala in quanto sono state rilevate più quercetine e capacità antiossidanti. La patulina deriva essenzialmente da problemi di conservazione delle mele in fase di post raccolta e non sono correlati con il tipo di coltivazione (biologica o convenzionale).

La Norvegia ha approfondito come cambia la qualità del prodotto in base al metodo di coltivazione ed alla tecnologia di essiccamento impiegata. Il confronto è effettuato su tecniche a scala industriale e piccola scala. Sono state esaminate tre varietà di prugne, 2 metodi di coltivazione (biologico e convenzionale) e 2 metodi di essiccamento (uno convenzionale l’altro con essiccatoio solare). I risultati evidenziano minori perdite di antociani ricorrendo all’essiccatore solare. Inoltre, è emerso che alcune varietà coltivate in biologico mantengono contenuti più alti di polifenoli. In ogni caso, la coltivazione bio può influenzare la qualità nutrizionale del prodotto essiccato.

La Danimarca, sta studiando, invece, nell’ambito del progetto, le qualità sensoriali di un prodotto dopo la trasformazione al fine di stabilire se ci sia differenza tra biologico e convenzionale. Differenze dovute alla trasformazione sono state analizzate non solo nel succo di mela comparando vari metodi, ma anche per gli essiccati di prugna, fragola, pomodoro e peperoni (sempre ricorrendo a due distinti sistemi di essiccazione uno convenzionale e l’altro con essiccatoio solare), nonché per le marmellate di fragola . I primi dati evidenziano come i peperoni secchi presentino differenze dovute alla coltivazione bio o convenzionale, mentre il procedimento di essicazione incide sulle caratteristiche sensoriali (dolcezza, durezza, gusto fruttato ecc.).

La Germania sta approfondendo gli aspetti relativi alla presenza di allergeni al fine di verificare se ci sono differenze in base al tipo di coltivazione biologica o convenzionale o in base al tipo di trasformazione essiccamento solare o convenzionale. Fra le tecnologie utilizzate sono studiate le linee di trasformazione per piccole produzione agroalimentari – sviluppate nell’ambito del progetto Crea denominato Mieri (Miniaturizzazione e semplificazione di linee di trasformazione per piccole produzioni agroalimentari e impiego di energie rinnovabili) – come un impianto per la disidratazione di prodotti agroalimentari servito da pannelli solari ed un impianto miniaturizzato per la produzione di conserve.

(Fonte: Coldiretti)