Sezioni


Presente e futuro della suinicoltura italiana


La suinicoltura italiana dopo la fase espansiva degli anni novanta, sorretta dall’avvio della certificazione per i prosciutti Dop, ha dovuto fronteggiare congiunture difficili causate da ricorrenti impennate dei prezzi delle materie prime per l’alimentazione e da un prolungato debole andamento del prezzo dei suini. Questa serie di circostanze ha imposto una dolorosa ristrutturazione del settore che rischia di trasformarsi per alcuni comparti, quali quello della riproduzione, in destrutturazione.
Da qui l’impegno di Coldiretti per la tutela ed il rafforzamento degli elementi di distintività della produzione italiana. Senza una chiara distinzione qualitativa delle carni dei suini nati ed allevati in Italia la nostra suinicoltura corre il rischio di soccombere sotto la pressione “dei prezzi bassi” delle altre realtà produttive favorite sia da concorrenza sleale che da diverse condizioni ambientali ed economiche.
Inoltre, abbiamo sì un patrimonio costituito dai prodotti con riconoscimento Dop, ma alcuni di questi prodotti sono un po’ appannati ed hanno bisogno di una più coerente politica produttiva per riaffermarsi sul mercato domestico e su quello internazionale. La strada di perseguire i compromessi al ribasso nel tentativo di ridurre solo i costi ci porterà a produrre solo materia prima indifferenziata, con un costante schiacciamento verso il basso dei prezzi e la definitiva marginalizzazione dell’allevatore.
Per l’annata 2014 in tutta Europa era atteso un andamento positivo del mercato ma purtroppo eventi geopolitici, quali l’embargo russo, e lo strutturale surplus produttivo della Comunità (circa +10%) hanno e stanno negativamente deprimendo il mercato dei suini destinati al macello e soprattutto quello dei lattoni.
In Italia, inoltre, l’annata è caratterizzata dalla significativa caduta della domanda di cosce nel distretto di Parma (circa – 10%), dalla riduzione dei consumi di carni suine fresche da parte delle famiglie (circa – 5%) e da una sostanziale costanza dell’offerta dei suini per il circuito DOP.
E’ ovvio che sulle crisi politiche internazionali non è possibile intervenire ma ci sono altri fronti sui quali ci siamo spesi e ci stiamo spendendo, con l’obiettivo di riavviare la generazione di reddito per le imprese suinicole.
E’ per questo che l’azione di Coldiretti si è concentrata su una migliore valorizzazione economica del suino 100% italiano, sul rispetto di pratiche commerciali più trasparenti, sul contrasto alle pratiche che evocano l’italianità del prodotto con materia prima di importazione.
Per quanto riguarda la valorizzazione, è necessario pensare a uno strumento diverso e sinergico al sistema delle Dop. A tale proposito è in via di definizione un progetto di Coldiretti e Consorzio di San Daniele, che coinvolgerà i macelli e la Gdo, per valorizzare con un piano di marketing e la certificazione le carni fresche confezionate del suino pesante italiano. Un’iniziativa innovativa, senza oneri per gli allevatori aderenti perché si basa sulla certificazione già esistente per la Dop, e con un forte appeal per i consumatori.
Ma si sta anche lavorando ad un progetto per la organizzazione di una filiera suinicola, su misura e con caratteristiche nettamente distinte da quella del suino pesante, per le regioni del Centro Sud Italia.
Sul fronte della trasparenza delle pratiche commerciali, si sta intervenendo su diversi aspetti, a partire dalla definizione dei prezzi. L’attività della Commissione Unica Nazionale (Cun) suini grassi, nonostante gli inevitabili limiti, rappresenta rispetto al passato una importante innovazione. Abbiamo contribuito in modo determinante alla predisposizione del regolamento e siamo costantemente impegnati a supportare i componenti agricoli.
Nel frattempo sono maturate le condizioni per l’avvio della Cun suinetti. Il mercato dei lattoni vive una congiuntura molto difficile e l’organizzazione di un momento unico nazionale (CUN) per definire i prezzi permetterà di migliorare la qualificazione delle rappresentanze di venditori e acquirenti, introducendo criteri più oggettivi.
Novità anche per le classificazioni. Dallo scorso 8 settembre sono in uso le nuove equazioni di stima della % di carne magra. Esse hanno un impatto significativo perché determinano un forte spostamento delle carcasse verso le classi magre ed in particolare verso la classe E (dal 55% in su), che è esclusa dalle lavorazioni Dop. Abbiamo espresso alcune riserve e dubbi sul nuovo sistema ed abbiamo chiesto uno studio approfondito per verificare la situazione e poter disporre di un sistema di misura che soddisfi pienamente le esigenze del particolare comparto del suino pesante.
Di pari passo con l’uso delle nuove equazioni è diventato pienamente operativo il nuovo criterio di determinazione del peso morto freddo (peso carcassa con sugna – 2%). E’ una novità importante perché permette finalmente di abbandonate le pratiche precedenti che si basavano su stime e correzioni statistiche. Dobbiamo dunque tutti vigilare affinché venga attuato il nuovo sistema.
La classificazione delle carcasse e la determinazione della resa contribuiscono alla determinazione del prezzo pagato all’allevatore e quindi esse sono attività molto delicate, che richiedono un accurato controllo. Le norme comunitarie prescrivono due controlli per trimestre a macello, questa attività è affidata a INEQ e IPQ. Nell’accordo di filiera che è stato sottoscritto l’8 luglio 2013 è stata prevista l’installazione nelle linee i macellazione di una scatola nera (data logger) per acquisire senza interferenze i dati di peso e misurazione degli spessori della carcassa. Purtroppo, nonostante, le ripetute precisazioni e sollecitazioni del Ministero, che ha finanziato la realizzazione di questo dispositivo, i macellatori non hanno ancora provveduto.
Di estrema importanza è anche l’impegno portato avanti da Coldiretti per il contrasto a quelle pratiche che evocano l’italianità ma utilizzando prodotto straniero. Esemplare la vicenda della modifica del discusso Decreto salumi del 2005, quello che qualificò di fatto alcune pratiche quali la produzione di prosciutti crudi con cosce congelate. Di recente è stata predisposta dallo stesso dicastero una nuova proposta di decreto che, invece di porre rimedio alle storture del precedente, ne genera di nuove.
Coldiretti ha denunciato il tentativo contestando l’estensione della denominazione “prosciutto cotto” anche alle carni di specie diverse dal suino, l’utilizzo di qualsiasi aroma di sintesi nella produzione del prosciutto cotto, l’aumento di umidità del prosciutto cotto stesso, la possibilità di continuare a poter usare cosce congelate per produrre prosciutti crudi, ed infine di usare la denominazione culatello anche per prodotti confezionati con materiali plastici.