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Premi discriminatori per le vacche da latte


Il decreto che completa il quadro normativo nazionale di attuazione della riforma della Pac per i pagamenti diretti stabilisce che i premi accoppiati per il latte verranno erogati ai produttori soltanto “per i capi appartenenti ad allevamenti iscritti ai libri genealogici o nel Registro anagrafico e sottoposti ai controlli funzionali”.
I registri ed controlli in questione sono gestiti monopolisticamente dall’Associazione Italiana Allevatori, quindi se un allevatore vuole il pagamento Pac, volente o nolente, deve passare dalle Associazioni territoriali degli allevatori. Una specie di tassa sui pagamenti Pac.
Intendiamoci, ci sono fior di professionalità nell’Aia, nelle Ara, nelle Apa ma, come tutti i monopoli, è anche un bel carrozzone italiano, una struttura che ha bisogno di risorse per mantenersi, governata da equilibri politico-sindacali spesso autoreferenziali.
La scelta del Ministero è decisamente miope e sicuramente discriminatoria. In un momento in cui il settore lattiero-caseario si trova in una fase d’incertezza dettata dalla fine delle quote produttive e dal prolungarsi dell’estrema volatilità del mercato, l’esclusione di una vasta platea di beneficiari dai premi accoppiati della Pac non può essere tollerata.
Cia e Confagricoltura, hanno annunciato il ricorso al Tar del Lazio contro il ministero delle Politiche agricole e l’Aia, per annullare il decreto ministeriale.
Il sostegno accoppiato nell’ambito del primo pilastro della Pac era stato introdotto per sostenere i settori in particolare difficoltà. Le scelte nazionali dello scorso anno (frutto di un negoziato lungo e complesso) si erano orientate sul settore lattiero proprio perché particolarmente vulnerabile, sia per effetto del nuovo processo di convergenza, sia per l’impatto derivante dalla rimozione delle quote. Una condizione quest’ultima che, come si legge nel documento di attuazione nazionale della Pac, “potrebbe esporre a rischio il settore, soprattutto nelle aree montane e marginali dove è meno competitivo, ma rilevante per gli aspetti ambientali e socio-economici”.
Con i provvedimenti attuativi delle disposizioni comunitarie, invece di prospettare un premio per tutti gli allevatori e per le zone marginali, lo si è previsto solo a vantaggio di aziende che fanno riferimento all’Associazione Italiana Allevatori.
Un cambio di rotta ingiustificabile e in palese contrasto rispetto alla normativa comunitaria, che rischia di vanificare le ricadute positive delle misure contenute nel decreto legge sui settori in crisi approvato dal Governo la scorsa settimana.
Tra l’altro l’iscrizione nei libri genealogici o nei registri anagrafici non è obbligatoria ed è riservata alle vacche da latte di razza pura. Resterebbero quindi escluse, dagli 84,6 milioni di euro stanziati per la zootecnia bovina da latte, tutte le razze ibride. Un’estromissione che, paradossalmente, penalizzerebbe in particolar modo gli allevamenti delle zone montane e marginali, spesso principale fonte di sostentamento economico per il territorio.
Per queste ragioni, Cia e Confagricoltura hanno ritenuto necessario intervenire, presentando ricorso davanti al Tar del Lazio. A essere in gioco è il futuro di un settore strategico del sistema agroalimentare, che merita particolare attenzione, soprattutto adesso che, dopo trenta anni di quote produttive, chiede meno disparità e più certezze per il futuro.

Lodovico Actis Perinetto, presidente Cia Piemonte