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Piemonte, il piano degli invasi indispensabili


Quelle che sta per finire é stata una lunga estata torrida. La siccità e le elevate temperature hanno messo in crisi l’attività di alpeggio. In molte vallate è scarseggiato il foraggio, l’erba è stata bruciata dal sole e gli abbeveratoi sono rimasti a secco. Un buon numero di margari é stato costretto a ridurre il periodo di permanenza sull’alpeggio per evitare danni al bestiame.

La siccità ha colpito anche le viti. I conti definitivi si faranno quando tutta l’uva sarà portata in cantina, ma il calo delle rese sarà sicuramente ingente. Forse non sarà la vendemmia peggiore del secolo, ma certamente una delle peggiori. Non è andata meglio per il mais. Nelle zone non servite da impianti irrigui il mais é seccato.

Tutte le colture, dal pomodoro ai cereali, ma anche gli ortaggi e la frutta, in misura maggiore o minore, hanno sofferto per la siccità. Un vero disastro.

Appare evidente che gli schemi idrici attuali non sono più in grado di reggere il mutamento climatico in atto. Servono interventi strutturali. L’unica reale soluzione è quella di stoccare l’acqua nei periodi di abbondanza per poi rilasciarla durante i mesi di maggior siccità. E’ necessario il varo di un vero piano di potenziamento delle infrastrutture e dei bacini di accumulo.

Cinque i progetti considerati strategici in Piemonte: il rifacimento dell’invaso sul torrente Sessera (provincia di Biella) in sostituzione dell’esistente, gli invasi in prossimità dei torrenti Moiola e Maira-Stroppo, entrambi nel Cuneese; la diga di Combanera, già progettata ma rimasta sulla carta. Non ultimo, il bacino sul torrente Molare, nell’Alessandrino: in questo caso non si tratta di costruire un invaso nuovo ma di rimettere in funzione quello costruito nel 1955 e poi interrato.

L’Unione delle Comunità Montane del Piemonte da tempo insiste anche sulla necessità di programmare con interventi pubblico-privati la realizzazione di piccoli invasi, dai due ai dieci milioni di metri cubi d’acqua, in ciascuna vallata. Questi garantirebbero l’uso potabile, la produzione idroelettrica, il rilascio estivo per l’agricoltura, l’irrigazione di pascoli in quota. Senza contare l’importanza strategica in caso di incendi e calamità, oltre al ruolo turistico, legato al richiamo dei nuovi laghi artificiali.

Servono inoltre interventi di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque. Anche gli agricoltori devono fare la loro parte, scegliendo metodi di irrigazione che comportano una minore dispersione di acqua. Il riordino delle risorse irrigue è un’esigenza inderogabile. Bisogna intervenire subito. Domani potrebbe essere troppo tardi.

Gabriele Carenini, vice presidente Cia Piemonte