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Moscato, si tratta su produzione e impianti


E’ appena iniziata la trattativa per l’accordo sulla cessione delle uve Moscato relative alla vendemmia 2014 e sono tornate al centro del dibattito due annose questioni che già in passato sono state oggetto di molte polemiche: l’apertura a nuovi impianti e l’allargamento della zona di produzione.
Sull’apertura a nuovi impianti la Cia del Piemonte ricorda che nel 2012 il direttore della Cia di Alessandria Carlo Ricagni si dichiarò disponibile a discutere di un aumento del vigneto Moscato, purchè fosse graduale, compatibile con l’andamento del mercato ed avvenisse “ridistribuendo le superfici vitate revocate dagli ispettori di Valoritalia o a seguito dei controlli aerofotogrammetrici (ovvero circa 300 ettari, ndr).
Le condizioni nel 2014 sono diverse di quelle del 2012 ed occorre verificare se c’è ancora bisogno di nuovi impianti di Moscato. Rimane però assolutamente valida la chiosa che Carlo Ricagni fece a quella proposta: “L’aumento della superficie implica comunque che tutta la filiera sia d’accordo. La commissione paritetica è il luogo giusto per discutere della proposta e, più in generale, per programmare il futuro del Moscato d’Asti e dell’Asti docg”.
Per quanto riguarda l’allargamento della zona di produzione, i produttori di uve Moscato, nell’assemblea tenutasi a Canelli l’11 novembre del 2011, diedero un preciso mandato alle rispettive organizzazioni e associazioni: contrastare il tentativo di allargamento della zona di produzione. In ossequio a quel mandato i rappresentanti della Cia votarono contro l’allargamento, sia in comitato regionale che nazionale.
Il Direttore della Cia di Cuneo, Igor Varrone, ed il presidente zonale di Alba, Filippo Molinari, hanno confermato la netta contrarietà degli associati cuneesi ad ogni ipotesi di allargamento della docg. “ Abbiamo sempre valutato- ha dichiarato Varrone – che l’ampliamento della zona di produzione del Moscato d’Asti avrebbe determinato un danno economico alle aziende a seguito del maggior quantitativo di prodotto sul mercato. Al momento non ci sono elementi nuovi tali da vanificare le espressioni di autogoverno del comparto formulate in modo netto con il plebiscitario dissenso dei produttori alla proposta di allargamento della zona”.
Da parte sua Molinari rileva: “In questi giorni un rappresentante di altra organizzazione sindacale ha espresso pareri differenti e fantomatiche somiglianze con altri vini di zone a 500 km da qui, qual è il Prosecco. Faccio presente che ogni realtà territoriale ha la sua storia e la sua economia e, se si vogliono fare accostamenti tra vini e zone, non credo sia il caso di andare così lontano per vedere rinnovate dai produttori le risposte di solo qualche mese fa a proposito di allargamenti di zone, nuovi impianti etc… Sono gli stessi produttori a suggerire maggior cautela ad avanzare proposte che paiono molto avventurose!”.
Vale la pena infine di ricordare le parole pronunciate dall’attuale Presidente nazionale della Cia Dino Scanavino, quando da presidente della Cia di Asti era tra i protagonisti della trattativa per la cessione delle uve Moscato: “La Cia non è mai stata integralista su alcun tema, ma dobbiamo difendere l’Asti avendo tre obiettivi irrinunciabili: consolidare l’attuale situazione commerciale su tutti i mercati, nazionale ed esteri, migliorare la qualità del prodotto, incrementarne il prezzo medio di vendita”.