Sezioni


Monsanto alla Bayer e l’Italia sta a guardare


La tedesca Bayer ha acquisito la statunitense Monsanto per 66 miliardi di dollari. Nasce così un colosso dell’agrochimica che minaccia di costituire un vero e proprio monopolio nel campo delle sementi, dei fitofarmaci e degli ogm.

La preoccupazione degli agricoltori è grande. La creazione di un monopolio di mercato delle sementi, della chimica e dei mezzi tecnici necessari ai produttori mette di fatto i produttori alla completa mercé del fornitore monopolista.

Le reazioni a questa fusione tra i Bayer e Monsanto non possono però essere soltanto le espressioni di preoccupazione o l’esecrazione, che lasciano il tempo che trovano. Occorre assumere delle iniziative. E purtroppo si è già perso molto tempo.

Chi ha buona memoria si ricorda che nel 2003 fu annunciato dall’allora Ministro per le politiche agricole e forestali Gianni Alemanno, dopo la scoperta di alcuni presunti capi di mais ogm in Piemonte (presunti perché la percentuale di ogm oscillava tra lo 0,02% e lo 0,1%, mentre ora si consente ai biologico una tolleranza fino allo 0,9%), l’avvio di un piano sementiero nazionale che sarebbe dovuto essere il punto iniziale della catena della qualità nel settore della produzione agricola e dell’alimentazione. Se ne discusse a lungo, ma non se ne fece nulla. Diverse regioni, tra cui il Piemonte, annunciarono a loro volta l’avvio di piani sementieri regionali e interregionali utilizzando fondi di provenienza europea. Anche questi piani finirono nel nulla. Il risultato è che gli agricoltori italiani oggi dipendono per gran parte delle sementi dalle multinazionali americane ed europee.

Anche per quanto riguarda la ricerca sulle biotecnologie applicate all’agricoltura l’Italia occupa una posizione di retroguardia. Il nostro governo ha vietato la coltivazione degli ogm. Si tratta di una scelta discutibile, ma comprensibile. Ostacolare invece la ricerca è invece un delitto. Tra il 2001 e il 2015 sono stati 19 i paesi UE che hanno presentato complessivamente 856 progetti di sperimentazione in campo. In testa la Spagna, il paese che detiene la maggioranza delle superfici coltivate a ogm nell’Unione Europea, con il 47% dei progetti. Seguono Francia, Germania, Svezia e Romania, mentre l’Italia da oltre 10 anni non consente sperimentazioni in campo.

La campagna di delegittimazione delle biotecnologie in campo agrario colpisce da anni l’opinione pubblica italiana con effetti devastanti: la ricerca sulle biotecnologie vegetali nel nostro Paese è ridotta ai minimi termini e il settore pubblico occupa un ruolo marginale. Se non ci si dà rapidamente una sveglia, la dipendenza degli agricoltori italiani dall’estero per quanto riguarda l’innovazione e le nuove tecnologie é destinata ad aumentare.

(Fonte: Cia Piemonte)