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Micotossine nel mais la soluzione ci sarebbe…


Sul fronte degli allarmi alimentari nei giorni scorsi in Lombardia si è riaffacciata la questione del latte contaminato con aflatossine. La procura di Brescia ha disposto il sequestro di una partita di latte risultata ai controlli dei Nas contaminata con le micotossine cancerogene e che dal mais e dai mangimi utilizzati nell’alimentazione animale talvolta finiscono nel latte e nei prodotti caseari.

La nostra condanna per ogni genere di adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari é ferma. Il mais contaminato da aflatossine non deve essere utlizzato per l’alimentazione degli animali. Tuttavia non ci si può fermare alla condanna, ma bisogna anche capire come evitare che il problema si ripresenti in futuro. Altri scandali simili infatti si sono già verificati nel passato e tendono a ripetersi con una certa frequenza. Nel 2014 il Consorzio Latterie Friulane fu accusato di aver messo in commercio latte con valori di aflatossine molto superiori ai valori consentiti. Nello stesso anno i carabinieri del Nas sventarono un giro di falsificazioni di analisi sul latte utilizzato per produrre forme stagionate di Parmigiano destinate al mercato.

Il rischio di contaminazione da micotossine (non solo aflatossine, ma anche fumosine, ocratossine, zearalenone, tricoteceni,ecc.) è uno degli ostacoli principali alla coltivazione del mais in Pianura Padana. Sempre più spesso una quota importante della produzione di mais “padano” deve essere distrutta per la presenza di micotossine oltre la soglia consentita. La problematica delle micotossine preoccupa l’intera filiera maidicola nazionale da monte a valle, cioè dall’agricoltore all’utilizzatore finale (industria mangimistica, ecc.).

La causa fondamentale della presenza di micotossine nel mais sono gli attacchi di insetti, prima tra tutti la piralide che perforando la spiga offre la strada alla penetrazione delle muffe che producono le micotossine.

Il Mipaaf in concerto con le Regioni e le Province Autonome, ha attivato una serie di Programmi di ricerca applicata con lo scopo di individuare percorsi tecnici in grado di ridurre la probabilità di incorrere in contaminazioni tali da influenzare la commerciabilità dei lotti nazionali di cereali, ma allo stato attuale delle nostre conoscenze, nelle nostre condizioni colturali, non esistono metodi di sicura efficacia per contenere le micotossine nel mais ogm free sotto la soglia indicata dalla normativa comunitaria. Alcuni hanno provato a utilizzare, dopo la raccolta, particolari metodi di pulizia della granella (spazzolature, selezionatrici ottiche, vibrovagli), che funzionano abbastanza bene, ma sono costosi e lenti rispetto alle esigenze di mercato. ,

Una soluzione efficace sembra esistere: si chiama mais Bt, nel cui corredo genetico è stata inserita la catena per la produzione di una proteina tipica del Bacillus Thuringiensis ad effetto insetticida. Con mais bt il rischio delle micotossine può essere ridotto di 10-15 volte. Questo lo dicono numerosi studi svolti anche in Italia, ma ai maidicoltori italiani non é data la possibilità di coltivare il mas bt e devono quindi controllare l’infezione ricorrendo principalmente agli insetticidi, con poco successo soprattutto nelle annate calde ed umide, e danni anche per l’ambiente.

Sarebbe ora di aprire una discussione serena, costruttiva e razionale sui costi ed i benefici delle biotecnologie applicate all’agricoltura, ascoltando quel che la comunità scientifica ha da dire, senza chiusure ideologiche o pregiudiziali.

(Fonte: Cia Piemonte)