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Meno economisti più agricoltori


Fermate il mondo, voglio scendere. La generazione protagonista di questo slogan ormai ha i nipotini per mano. Vive la stagione della saggezza e può permettersi di dire liberamente quel che pensa, perché non deve dipendere dallo “spread”, seppure nemmeno i pensionati, con l’aria che tira, si sentano più di tanto al riparo dalla scure fiscale incombente sulla società civile.
Si lasci dunque dirlo a loro, ai nonni, che forse non avevano tutti i torti quando avvertivano che la frenesia del mondo andava mitigata, proporzionata ai ritmi dell’uomo e della natura. Se non fermato, il pianeta andava perlomeno rispettato, in ogni caso non sfruttato e “accelerato”.
Questa cosa che se si lascia incolta la terra si ricevono dei bei soldi, così come se si mandano al macero intere derrate di frutta fresca si guadagna più che a venderle sul mercato, gli uomini dei campi non l’hanno mai capita. Quando le leggi dell’economia prevalgono sul buon senso, in agricoltura vanno contro natura, appunto. E tutti gli agricoltori ne sono consapevoli, evidentemente tranne gli economisti che li governano, purtroppo.
Siamo al punto che non si scommette più sul futuro, ma sui futures, cioè su quel sistema perverso che permette attraverso i mercati finanziari di fare utili sul fallimento delle piazze dei mercati reali.
Un assurdo. Sarebbe come allevare i vitelli sperando che muoiano di malattia per incassare il premio dell’assicurazione. Oppure contare che la vacca braccata dai lupi e precipitata nel burrone in alpeggio si ammazzi, perché se rimane viva l’elicottero non viene a prenderla.
Un sistema così non può funzionare, ma non è bastato dirlo per fermare il mondo. Però oggi la terra torna preziosa. E’ l’unica che dà ancora lavoro, in controtendenza assoluta. Chi è in grado di coltivarla e di produrre cibo, si dice, ha in mano le chiavi della sopravvivenza. Si parla di nuovo di autosufficienza alimentare.
Diventano centrali i problemi dell’approvvigionamento idrico e delle energie ecosostenibili.
Il ritorno al futuro non può più prescindere dalla realtà, ci vorranno più agricoltori e meno economisti.
Per poter scrivere sull’etichetta che le prugne fanno bene all’intestino, nel mondo che verrà non sarà più necessario scomodare l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare. Basterà chiederlo ai nonni, che l’hanno imparato dai nonni. E poi guardare finalmente avanti e non più indietro.