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Mais transgenico, così non si può andare avanti 


“Il problema non è essere favorevoli o contrari agli Ogm, il problema è fare chiarezza normativa e dare fiducia alla ricerca scientifica”. Lo ha dichiarato Mario Guidi, presidente di Confagricoltura, in relazione alla vicenda delle semine di mais transgenico in Friuli, che ha visto schieramenti e opinioni contrapposti sulla procedura di autorizzazione nazionale che l’Italia ha sinora utilizzato per impedire le semine. “Non credo che siano utili le manifestazioni di piazza che alimentano il clima da guerra di religione – ha aggiunto – e non favoriscono un dibattito costruttivo basato su elementi scientifici. Gli alimenti con prodotti Ogm sono già sulle nostre tavole da anni, ma gli agricoltori italiani non possono coltivarli. I maiscoltori attendono di sapere se potranno essere applicate le norme europee da noi escluse a causa della caccia alle streghe e se potranno utilizzare una nuova tecnologia diffusa in tutto il mondo”. Confagricoltura ricorda che la Corte di Giustizia di Lussemburgo si è pronunciata per la seconda volta, ribadendo che le varietà di mais MON 810 non possono essere assoggettate ad una procedura nazionale di autorizzazione. Il Ministero delle Politiche agricole continua però a contrapporsi, ribadendo il diritto dello Stato di condizionare la coltivazione. “Siamo uno strano Paese – ha commentato Guidi – e dopo due pronunce della Corte di Giustizia non si è ancora deciso in merito ad una semina eseguita tre anni fa. Il segretario di Stato John Kerry ha annunciato che gli Usa hanno conferito il World Food Prize a tre scienziati, tra cui il genetista belga Marc Van Montagu, per l’impegno nel campo della biotecnologia vegetale. Da noi, invece, gli scienziati hanno le mani legate”. Ad avviso di Confagricoltura, l’Italia deve decidere: o si adottano le misure di coesistenza e si apre la strada alla possibilità di utilizzare sementi Ogm, oppure si invoca la clausola di salvaguardia dimostrando, con dati scientifici riferiti alla nostra realtà (che nessuno però sinora è stato in grado di produrre), i rischi per uomo e ambiente che inducono a vietare queste coltivazioni. Non c’è alternativa. E sicuramente non lo è la situazione incerta, contraddittoria e parossistica in cui si trovano ad operare gli agricoltori.