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Lo scenario del latte dopo la Fiera di Cremona


Lo scorso 20 giugno a Cremona la CIA, alla presenza del presidente nazionale Dino Scanavino, ha riunito gli allevatori, tra cui una rappresentanza del Piemonte, in vista della scadenza del contratto che fissa il prezzo del latte alla stalla ed ha compiuto una valutazione sulla situazione del comparto.

CONTRATTO LATTE
L’ultimo accordo aveva fissato un prezzo di 44,5 centesimi al litro, permettendo alle aziende zootecniche di lavorare con maggior serenità rispetto al 2012 e al 2013 quando un litro di latte alla stalla valeva tra i 37 ed i 40 centesimi.
«La contrattazione del latte – è stato ricordato nel corso dei lavori a Cremona – non avviene più con le liturgie del passato quando in diverse regioni, alla presenza dell’assessore all’agricoltura, delle rappresentanze agricole e di quelle di Assolatte (l’industria di trasformazione) discutevano fino a trovare un prezzo al litro che, per un anno, diventava il riferimento assoluto. L’accordo in Piemonte, normalmente, chiudeva con un prezzo inferiore di qualche centesimo di quello della Lombardia».
Ma questo è il passato. La trattativa nell’ultimo anno è cambiata radicalmente, sia nei modi, in quanto si effettua a livello aziendale, che nei tempi, risultando i contratti con una durata media di sei mesi senza mantenere la vecchia cadenza 1° aprile – 31 marzo dell’ anno successivo.

IL PREZZO LACTALIS
L’attuale prezzo di 44,5 centesimi al litro è stato fissato dal contratto siglato dalle Associazioni Agricole (non tutte a dire il vero) con il gruppo francese Lactalis, gruppo che lavora il 20 – 25% del latte nazionale ed è leader assoluto nel mercato dei prodotti lattiero-caseari, riunendo al suo interno il mondo Galbani ed altre società italiane già parte del gruppo francese con i marchi Invernizzi, Cademartori, Locatelli e Président.
La preoccupazione emersa a Cremona, da parte di molti allevatori, è quella di riuscire a mantenere l’attuale prezzo di 44,5 centesimi al litro di latte munto, prezzo al di sotto del quale non si pareggiano i bilanci aziendali.

LA CONTRATTAZIONE
La discussione contrattuale, che ha preso il via nella seconda metà di giugno, avviene in un contesto che vede stabili i consumi interni di prodotti caseari, ma con l’export in crescita almeno per le grandi DOP nazionali (Parmigiano, Grana, Gorgonzola). In ripresa anche il prezzo del latte spot, che nei mesi di aprile e maggio (mesi in cui la produzione di latte tocca i suoi picchi) era precipitato a 30 cent. dopo aver superato quota 50 a fine 2013.
L’esito della trattativa presenta molte incertezze a seguito della richiesta avanzata fin d’ora dalla parte industriale di ridurre del 10 % del prezzo del latte alla stalla “per rendere più competitivo il prodotto finale sui mercati esteri”.

RIFORMA DELLA PAC
Buone notizie invece sul fronte della riforma della PAC (politica agricola comunitaria) per il periodo 2014 – 2020.
La zootecnia da latte è stata inserita, in seguito al recente accordo Stato – Regioni, tra i settori destinatari dei premi accoppiati con una assegnazione di 210 milioni di euro all’ anno per i prossimi 6 anni. Tra le ipotesi formulate, quella di un premio assegnato ad ogni bovina che ha partorito di 56/60 euro in pianura e di circa 100 euro in montagna, purché tali bovine superino una resa minima produttiva da definire a livello territoriale. Fumosa e burocratica la resa produttiva minima, ma indubbiamente interessante il premio alle bovine che hanno partorito.

DOPO LE QUOTE LATTE
Infine l’analisi dello scenario post 2015 in seguito alla fine dell’era quote latte e le preoccupazioni di chi teme un aumento incontrollato di produzione di latte con conseguenti effetti negativi sul prezzo di vendita.
Riportiamo alcuni elementi emersi nell’incontro nazionale della Cia a Cremona sul futuro della zootecnia da latte nazionale. Da un lato emerge il dato delle dinamiche internazionali, che ormai sempre di più influiscono sulle sorti degli allevatori (anche italiani) e rivelano che la domanda mondiale di latte è in aumento in tutto il mondo. Un elemento in grado di incidere positivamente sui prezzi della materia prima. Cosi come è positivo che il latte delle stalle italiane viene quasi interamente destinato alla produzione di formaggi alcuni dei quali Parmigiano, Grana, Gorgonzola, vedranno aumentare la loro richiesta di consumo.
Se le produzioni casearie italiane godono di un vantaggio competitivo legato alla loro notorietà, i problemi, oltre alle diffuse contraffazioni, riguardano le aziende produttrici che soffrono di un deficit competitivo legato ai costi di produzione sui quali incidono negativamente i costi energetici, quelli delle materie prime e, non ultimi, i limiti fisici di un territorio come quello italiano fortemente antropizzato.
«In ogni caso – è stata la sintesi conclusiva dell’incontro – la zootecnia bovina da latte italiana, è la fonte principale, imprescindibile, di produzioni casearie apprezzate, ricercate e conosciute in tutto il mondo in un contesto che prevede l’ aumento dei consumi di questi prodotti».
La sfida è complessa, ma interessante e andrebbe affrontata dai diversi soggetti che compongono la filiera nostrana con forme e spirito differenti rispetto alle tradizionali contrapposizioni.