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L’export agroalimentare italiano in Cina cresce del 20 per cento, ora si auspica l’apertura del mercato per mele e pere


La Cina è vicina ed è sempre più una realtà importante per i prodotti italiani. Balzo record, infatti, del Made in Italy alimentare in Cina che segna un aumento del 20% delle esportazioni nel 2019.

E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al mese di gennaio divulgata in occasione della visita del presidente cinese Xi Jinping in Italia.

Si rafforza una tendenza in atto da anni con le esportazioni di prodotti agroalimentari Made in Italy in Cina che hanno raggiunto nel 2018 il record storico di 439 milioni di euro, un valore che è più che triplicato negli ultimi 10 anni (+254%). Il prodotto più esportato in Cina è il vino per un valore di 127 milioni di euro nel 2018 con l’Italia che ha sorpassato la Spagna ed è diventata il quarto esportatore verso Pechino.

A frenare le spedizioni agroalimentari Made in Italy sono però le barriere tecniche ancora presenti per le produzioni nazionali. Se infatti è stato rimosso nel 2016 il bando sulle carni suine italiane e nel 2018 le frontiere si sono aperte in Cina per l’erba medica italiana, al momento per quanto riguarda la frutta fresca l’Italia può esportare in Cina solo kiwi e agrumi mentre sono ancora bloccate le mele e le pere oggetto di uno specifico negoziato.

“Attualmente possiamo esportare solo i kiwi di cui la provincia di Cuneo conta una produzione di poco meno di 1 milione di quintali e una superficie di circa 4.000 ettari con oltre 2.000 aziende, ma auspichiamo che il lavoro relativo agli accordi bilaterali per pere e mele sia ad uno stadio avanzato poiché per la Granda potrebbero aprirsi nuove importanti possibilità di export  – spiega Roberto Moncalvo delegato confederale di Coldiretti Cuneo -. Sicuramente quello che gode già di un buon successo ad oriente è il vino poiché i mercati asiatici registrano una forte crescita. Auspichiamo, quindi, che a breve possa sbloccarsi la situazione che consentirebbe di implementare l’export andando a dare nuova linfa al tessuto economico cuneese e piemontese”.