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L’estenuante tira e molla della direttiva sui nitrati


Dopo mesi di attesa, alla fine dello scorso mese di gennaio l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha presentato uno studio sull’inquinamento da nitrati che di fatto “assolve” gli allevamenti dall’antipatico ruolo di principali colpevoli.
Secondo lo studio, la contaminazione da nitrati dipenderebbe da fonti multiple, un mix di settore civile, industriale, agricolo e zootecnico, dai fanghi di depurazione agli scarichi civili, con l’incidenza dell’allevamento mai superiore a un terzo dell’inquinamento totale accertato nelle regioni ad alta vocazione zootecnica.
Il 10 febbraio scorso, a Roma, si è svolto un primo incontro per decidere il da farsi. Al tavolo interministeriale erano presenti il ministro Maurizio Martina e Gianluca Galletti, rispettivamente titolari del dicastero delle Politiche Agricole e dell’Ambiente, ed i rappresentanti delle Regioni e delle Organizzazioni agricole.
L’incontro si è risolto con la decisione di fisare un nuovo incontro il 17 marzo, nel corso del quale le regioni che insistono sulle zone vulnerabili avrebbero dovuto presentarsi con proposte concrete riguardo la relativa revisione, ma l’incontro del 17 marzo non si è svolto ed è stato rinviato a data da destinarsi.
“Dopo 24 anni di tira e molla – commenta Lodovico Actis Perinetto, presidente Cia Piemonte -, sarebbe davvero ora di chiudere la telenovela della direttiva nitrati e di uscire dall’incertezza.
Il bacino del Po, le pianure piemontesi, lombarde e venete che comprendono il perimetro delle aree vulnerabili, sono anche le zone a maggior vocazione zootecnica, laddove si concentra la parte più consistente degli allevamenti italiani. Da una revisione dei vincoli della direttiva nitrati dipende il futuro di una parte importante della nostra zootecnia e i tempi stringono”.