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Le richieste di Agrinsieme ai candidati piemontesi


Le Organizzazioni di categoria Cia, Confagricoltura e Alleanza delle Cooperative Italiane – Settore Agroalimentare (che ricomprende Agci-Agrital, Fedagri-Confcooperative e Legacoop Agroalimentare) hanno dato vita ad un coordinamento associativo denominato “Agrinsieme”, per definire comuni strategie di sviluppo agricolo e agroalimentare tali da garantire redditività alle imprese e alle cooperative agricole.
A livello regionale, Agrinsieme Piemonte rappresenta circa 25 mila imprese agricole associate a Cia e Confagricoltura e oltre 350 imprese cooperative agroalimentari aderenti ad Alleanza delle Cooperative Italiane, che a loro volta aggregano circa 37 mila aziende.
Agrinsieme – che rappresenta un momento di discontinuità rispetto alle logiche della frammentazione che spesso hanno caratterizzato la rappresentanza agricola, con l’intento di una sua qualificazione e di un suo rafforzamento – ritiene che il destino dell’agricoltura richieda un’attenzione particolare da parte delle forze politiche che si candidano a governare il Piemonte, per via non solo delle sue rilevantissime quanto strategiche implicazioni economiche, ma anche per i suoi impatti sociali, occupazionali e ambientali.
Il settore agroalimentare rappresenta un elemento importante della struttura economica e occupazionale del Piemonte e ha mostrato una tenuta relativamente migliore di altri settori produttivi nel contesto dell’attuale grave crisi globale, come testimoniano anche i dati relativi alle esportazioni piemontesi dei prodotti agroalimentari, con un valore di oltre 4,5 miliardi di euro nel 2013 e un incremento del 5,6 per cento rispetto al 2012.
In termini occupazionali, emerge che la forza lavoro agricola è composta in Piemonte da circa 143 mila lavoratori, con una preponderanza di manodopera famigliare.
Le implicazioni sociali sono altrettanto rilevanti, considerato che l’attività agricola, per lo più svolta nell’ambito di aziende famigliari, permette anche il presidio di territori in zone marginali e svantaggiate, evita l’abbandono delle aree rurali, rappresenta un fattore di sviluppo e di occupazione delle giovani generazioni.
Per quanto da tempo sia in atto un processo di concentrazione aziendale (le aziende sono oggi circa 60 mila), con un aumento della loro dimensione (in media 15 ettari di superficie, valore nettamente superiore al dato medio nazionale), le aziende agricole della regione sono ancora relativamente piccole, specie in rapporto ad altre realtà europee.
Garantire un futuro all’agricoltura significa anche permettere uno sviluppo più sostenibile, tema quanto mai centrale alla luce anche delle implicazioni che gli impatti ambientali, e quindi del cambiamento climatico, comportano per il futuro sia dell’agricoltura ma anche di tutti i cittadini.
Il tema poi della “sicurezza alimentare” si inserisce con forza in questa cornice, se si considera che l’approvvigionamento di alimenti rappresenta la condizione essenziale per continuare a garantire prospettive di sviluppo al Paese e si tiene presente che la domanda di prodotti alimentari è in costante crescita, mentre diminuisce sempre più la disponibilità di terre coltivabili e di risorse idriche.
In questo scenario, complesso e non facilmente prevedibile, occorre una risposta anche da parte della Regione Piemonte, capace di garantire una linea strategica da perseguire in maniera coerente e in grado di rispondere alle impegnative sfide con cui il sistema agroalimentare regionale deve misurarsi.

Una nuova politica per l’agricoltura e l’agroalimentare in Piemonte
La missione dell’agricoltura e dell’agroalimentare è quella di produrre quantità e qualità di alimenti, fibre, energia, legno ed altre materie prime, paesaggio, servizi culturali e sociali, nel rispetto delle aspettative della società e della tutela dell’ambiente.
La richiamata missione dell’agricoltura, della zootecnia e della selvicoltura, richiede che i settori coinvolti e le relative imprese, singole ed associate, siano poste nelle condizioni di disporre di reddito adeguato ad assicurare prospettive concrete di futuro alle imprese ed alle famiglie agricole, garantire capitali per gli investimenti, vitalità alle zone rurali, tutela e manutenzione del territorio.
La crisi economica ha inciso profondamente ed estesamente sulla realtà agricola, agroalimentare e rurale della nostra regione, aggravandone la polarizzazione e i molteplici e variegati nodi strutturali, esistenti già prima del manifestarsi della crisi.
Il procedere della crisi economica ha messo e continua a mettere a dura prova le doti di anticiclicità del settore agroalimentare che, dato anche la sua rilevanza, sta comunque mostrando, come osservato, una tenuta relativamente migliore degli altri settori produttivi, sia sul fronte strettamente economico, sia sotto il profilo occupazionale.
Giova ricordare che l’agricoltura e l’agroalimentare sono alla base di una catena di valore in fase di espansione, come confermato dai dati relativi all’export.
Anche se l’export cresce, il settore agroalimentare piemontese della nostra regione continua però a presentare notevoli criticità (frammentazione e piccola dimensione delle imprese, scarsa organizzazione delle filiere, difficoltà di innovazione e invecchiamento della base imprenditoriale, vulnerabilità alle crisi) che ne penalizzano la redditività e lo sviluppo.
Il procedere della globalizzazione e l’integrazione dei mercati hanno prodotto nell’ultimo decennio una impennata della volatilità dei prezzi delle materie prime di base, tale da creare scompensi all’interno delle filiere agroalimentari locali e causare un forte aumento dei costi di produzione. In questo contesto la posizione degli agricoltori è particolarmente delicata e si presenta sotto forma di una continua erosione del valore aggiunto a favore, soprattutto, della fase distributiva.
L’agricoltura è l’attività spazialmente più diffusa a livello regionale, circa il 50% del territorio extra-urbano è modellato da questa attività economica; tale percentuale sale all’80% considerando le foreste e le altre superfici boscate.
All’agricoltura ed alle foreste, oltre che alla primaria funzione di produzione di cibo, sono assegnate funzioni di presidio del territorio, gestione e miglioramento del paesaggio, conservazione delle risorse primarie e di tutela ambientale, uso efficiente delle risorse e preservazione della biodiversità.
Per Agrinsieme Piemonte il mondo agricolo ed agroalimentare regionale deve avviare un processo di auto-organizzazione a cui la Regione deve garantire, per le sue funzioni e competenze, tutto il sostegno necessario con azioni di carattere legislativo, amministrativo e finanziario, a cominciare dall’utilizzo dei fondi strutturali europei.
Agrinsieme Piemonte chiede pertanto alle forze politiche che si candidano al governo regionale di assumere alcuni importanti impegni finalizzati alla creazione di un ambiente ideale per gli imprenditori e le loro imprese, per le cooperative e per le aziende agroalimentari ed alla promozione di un nuovo sviluppo.
A tal fine serve una nuova politica regionale per l’agricoltura e l’agroalimentare che preveda:
1) L’approvazione di una legge regionale quadro in materia di agricoltura ed attività connesse, che contenga i principi generali e che rinvii per ogni aspetto di dettaglio ad atti amministrativi facilmente modificabili, recuperando alcuni aspetti tuttora validi della legislazione regionale vigente in materia (L.R. 63/78; L.R. 95/95; L.R. 13/99; proposta di legge r. 288/12 e altre ancora).
2) L’approvazione di una nuova legge che regolamenti le attività faunistico venatorie.
3) L’integrazione della L.R. n. 3 del 2013, che ha modificato la L.R. n. 56/77 sulla tutela ed uso del suolo, rafforzandone l’obiettivo del contenimento dell’uso del suolo, nella prospettiva dell’azzeramento ed affermando il valore di bene comune del suolo.

Programma di Sviluppo Rurale 2014/2020
Il Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 della Regione Piemonte rappresenta il più importante strumento di carattere programmatico, finanziario e di intervento a disposizione della Regione stessa, per valorizzare il sistema agroalimentare piemontese, le sue molteplici eccellenze e per rimuoverne i nodi strutturali che ne frenano l’ulteriore sviluppo. La parola chiave della prossima programmazione dello sviluppo rurale è costituita dal termine “integrazione”, che a sua volta richiama immediatamente le nozioni di cooperazione, territorio e di progetto. D’altronde è la stessa realtà piemontese ad attestare che la competitività e la sostenibilità ambientale sono sempre più il frutto dell’integrazione, sotto varie forme e specie, tra imprese agricole e tra imprese e cooperative. Certo, occorre uno sforzo di inventiva nell’elaborazione del PSR per valorizzare gli spazi di intervento recati dalla nuova normativa dello sviluppo rurale, pur all’interno di non poche rigidità, e per tener conto dell’apporto del partenariato sociale. Toccherà alla prossima Giunta ed al futuro Consiglio regionale assumere la responsabilità di dare al PSR 2014-2020 “veste” definitiva, adottarlo e trasmetterlo sollecitamente ai Servizi della Commissione europea, onde poter concludere la conseguente complessa fase negoziale nei tempi utili ad attuare il Programma a partire dal 1° gennaio 2015.
Riprendendo la parola chiave “integrazione”, e leggendola, dunque, secondo un significato ampio, essa si presta ad una serie di indicazioni operative, che Agrinsieme Piemonte si permette di offrire alle forze politiche che si candidano al governo della Regione, in riferimento al PSR 2014-2020:
1) necessità d’integrazione tra i diversi fondi strutturali (FEASR, FESR e FSE), uscendo dalla retorica della programmazione integrata per aderire alla pratica della progettazione degli interventi integrati nello spazio e nel tempo. È evidente che “azioni” quali ricerca e conoscenza, infrastrutture (reti per la distribuzione dell’acqua, banda larga e ITC), sviluppo dei territori rurali, montani e delle aree periurbane, prevenzione del dissesto idrogeologico, manutenzione del territorio ed inclusione sociale, anche contenute nell’approccio LEADER, non possono essere poste a carico del solo FEASR, nel rispetto delle scelte compiute con l’accordo di partenariato;
2) necessità di costruire, con l’apporto delle rappresentanze del mondo agricolo e cooperativo, un sistema integrato della conoscenza dell’agricoltura che coniughi ricerca, formazione, informazione e consulenza, e che incrementi le performance di innovazione dell’agricoltura, colmando le residue distanze tra il mondo della ricerca accademica e quello produttivo;
3) necessità di attuare il PSR 2014-2020, anche mediante l’approccio integrato,sia di filiera (Progetti Integrati di Filiera agroalimentari, agroindustriali e forestali) e sia territoriale (Progetti Integrati Territoriali specie per le aree periurbane dell’Area Metropolitana e dei capoluoghi di provincia);
4) necessità di prevedere nella strategia e negli interventi la possibilità per le imprese agricole di integrare gli obiettivi della redditività e della sostenibilità ambientale;
5) necessità di incentivare l’aggregazione dell’offerta dei prodotti agricoli piemontesi, tutt’ora carente, compiendo così un primo passo per accrescere economie di scala e capacità negoziale della fase primaria lungo le filiere;
6) necessità di favorire, nelle diverse forme, l’integrazione fra le aziende agricole a fini di incremento delle proprie dimensioni fondiarie ed economiche, anche mediante contratti di rete o processi di cooperazione;
7) necessità di incrementare la produzione di beni pubblici di carattere agro-ambientale, tra cui la salvaguardia del paesaggio, la conservazione della biodiversità, la qualità e la disponibilità delle risorse idriche ed il mantenimento della fertilità dei suoli, anche mediante approcci collettivi, tenendo conto che tali obiettivi sono raggiungibili solamente promuovendo un’azione coordinata tra gli agricoltori e gli altri gestori del territorio operanti nella stessa area;
8) necessità di rafforzare le forme aggregative per l’accesso al credito e di introdurre strumenti finanziari innovativi. Detti interventi assumono rilevanza strategica in particolare per l’avvio di nuove attività da parte di giovani imprenditori;
9) necessità di integrare negli obiettivi strategici quelli della semplificazione burocratica ed amministrativa, per ridurre il carico di oneri burocratici degli operatori del settore, mediante una razionalizzazione delle procedure che eviti, tra l’altro, la sovrapposizione degli adempimenti.

Economia verde ed agroenergie
Partendo dall’assunto che agricoltura ed ambiente sono sicuramente tra le principali risorse del Piemonte, occorre attivare soluzioni e politiche che sappiano coniugare la tutela del territorio e il suo sviluppo, al fine di tutelare l’ecosistema e la natura, di permettere di realizzare gli interventi infrastrutturali di cui il Piemonte ha bisogno, nonché di consentire alle imprese che operano sul territorio la possibilità di continuare la loro attività.
L’agricoltura in tal senso può svolgere un ruolo fondamentale su tre fronti: aumentare la sua produzione, puntare alla sostenibilità ed infine contribuire ad avere una bilancia energetica e ambientale attiva. In sintesi, il settore agricolo, deve essere sempre più protagonista della “green economy”.
Pertanto occorre attivare una strategia per una “bioeconomia sostenibile”, attraverso alcune sfide sostanziali quali:
· garantire la sicurezza alimentare;
· gestire le risorse naturali in modo sostenibile;
· ridurre la dipendenza dalle risorse non rinnovabili;
· valorizzare i sottoprodotti agricoli, agroalimentari, agroindustriali ed i materiali post consumo;
· attenuare gli effetti dei cambiamenti climatici ed aumentare la capacità di adattamento.
Con riferimento alle emissionidi gas effetto serra, occorre sottolineare come sia necessario intervenire per lo sviluppo di un settore “green”, quale quello delle agroenergie.

Importante è incentivare la ricerca e lo sviluppo di tecnologie volte a ridurre le emissioni azotate, metanigene e di altri elementi nocivi nell’ambiente.
L’agricoltura è un grande produttore di biomasse sotto forma di residui delle produzioni vegetali e animali, al tempo stesso utilizzatore di sostanza fertilizzante, tra le quali quelle organiche, il cui incremento può giocare un ruolo importante sia nella dotazione di sostanza organica dei suoli e sia nel minore impatto rispetto all’uso dei fertilizzanti di sintesi.
In quest’ottica va valorizzato il riutilizzo dei residui e dei sottoprodotti derivanti dall’attività agricola e agroindustriale (non considerati rifiuti) nei settori della chimica verde e della produzione delle bioenergie. A ciò si dovrebbe aggiungere una particolare attenzione al riutilizzo degli scarti alimentari in processi produttivi agroalimentari, anche come contributo alla lotta contro lo spreco alimentare. Analogo discorso può essere portato avanti relativamente al “compost da matrice agricola”, in quanto derivante da materiali che non sono rifiuti, evidenziando la differenza rispetto al “compost di qualità” da raccolta differenziata, che per presenza di inquinanti ha caratteristiche ambientali molto diverse.
La Regione Piemonte dovrebbe, inoltre, farsi parte attiva in ambito nazionale, con le altre Regioni del Nord Italia, per definire in modo chiaro le modalità di utilizzo di scarti, residui e sottoprodotti a fini energetici. Tenendo in particolare considerazione, visto il discreto numero di impianti di produzione di biogas da digestione anaerobica, il “digestato da matrice agricola”, che viene fortemente osteggiato pur essendo prodotto da materiali che non sono rifiuti, come gli effluenti zootecnici, i materiali vegetali e i sottoprodotti agricoli ed animali.
Inoltre, appare opportuno evidenziare una potenzialità che il settore agricolo può cogliere nel recupero di suoli agricoli marginali, abbandonati o provvisoriamente non utilizzabili per scopi agroalimentari ed energetici, favorendo così la difesa del suolo e la prevenzione del dissesto idrogeologico. A tal fine potrebbero essere previsti specifici strumenti a sostegno dell’utilizzo dei suddetti terreni (vedi banca della Terra o dei Boschi già attivati in altre Regioni).

Governance
Il dichiarato intendimento del Governo di procedere alla revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione, con l’abolizione delle Province, è destinato ad innescare un complesso processo di riordino dell’assetto delle autonomie locali e delle loro competenze.
In Piemonte, la politica di decentramento attuata con la legge regionale n. 17/1999, che ha assegnato alle Province un ruolo primario nell’esercizio delle funzioni amministrative in materia di agricoltura, ha comportato problemi di vario ordine, che vanno dalla riduzione delle economie di scala nella fornitura dei servizi con conseguente aumento dei relativi costi, ad uno scadimento del livello qualitativo dei servizi stessi e ad una eccessiva differenziazione delle politiche di settore a livello locale, che ha determinato disparità di trattamento tra le imprese.
La realizzazione di un valido decentramento amministrativo avrebbe dovuto significare invece semplificazione degli adempimenti e delle procedure, nonché riduzione dei costi burocratici per le imprese.
A distanza di tre lustri dall’entrata in vigore della citata legge regionale, una serena riflessione sugli assetti dei poteri locali che si sono determinati in Piemonte tramite l’attuazione del decentramento amministrativo in agricoltura induce ad invocare un intervento del legislatore regionale volto a riportare in capo alla Regione stessa la gran parte delle competenze assegnate alle Province, nell’intento prioritario di rispondere alle attese delle imprese circa un’amministrazione più “leggera” e capace di risparmiare loro defatiganti oneri burocratici.
Nel quadro del riordino complessivo delle funzioni amministrative, appare non più differibile la necessità di dare vita ad un unico Assessorato all’Agroalimentare, alla Forestazione ed alle Aree rurali (compresa la montagna), anche al fine di valorizzare le professionalità presenti e di ottimizzare le capacità gestionali della struttura.