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Latte, tutte sbagliate le stime del dopo quote


“Con il mese di aprile 2016 ha avuto inizio la seconda annata lattiero casearia senza le quote latte e modo peggiore per cominciare non poteva esserci – dichiara Igor Varrone, direttore della Cia di Cuneo. Sono, purtroppo, risultate tutte sbagliate dalla Commissione europea le analisi e le previsioni relativamente al futuro del settore lattiero dopo la fine delle quote. Errate tutte le stime, sottovalutato il dato che i Paesi del Nord Europa in poco tempo avrebbero realizzato forti investimenti per aumentare produzione non più contingentata. In questi primi mesi del 2016 la produzione è stata particolarmente dinamica in alcuni paesi del nord Europa (Irlanda +13%, Paesi Bassi +6%, Belgio +6,5%, Regno Unito +2,5%, Polonia +2,3%, Germania +1,8%), mentre è rimasta pressoché invariata in Francia e in Italia.
Ricordiamo che i Paesi del Centro Europa (Inghilterra, Francia, Germania, Olanda, Danimarca, Austria) hanno un tasso di autoapprovvigionamento del 128,3% su base 100, i Paesi baltici e scandinavi del 109,6%, l’Europa dell’Est del 112,6% e che il classico vaso di coccio sono i Paesi dell’Europa del Sud (Portogallo, Spagna, Italia e Grecia) che sono al 71,5%.
La conseguenza nel nostro Paese è stato il tracollo del prezzo alla stalla, circa 3.000 quintali di latte senza collocazione ed il latte disdettato a numerose aziende italiane dalle industrie casearie”.
“La Cia piemontese, dopo la “marcia delle vacche” di Carmagnola – continua Varrone – ha ribadito con preoccupazione che siamo davanti a una delle più forti crisi strutturali nel settore lattiero e che occorre, al più presto, un piano europeo straordinario a sostegno del settore, ma purtroppo nella UE manca una visione strategica su come affrontare in maniera strutturale la questione. I recenti interventi del nostro Governo (moratoria sui debiti, operatività del Fondo latte) sono apprezzabili, ma non bastano per far fronte ad una crisi che affonda le sue radici in profondità. Le Istituzioni europee e nazionali devono fare la loro parte per riportare la redditività nelle stalle. Non possiamo aspettare che gli allevamenti chiudano per ridurre le eccedenze e riequilibrare il prezzo grazie ad un ridimensionamento dell’offerta. E’ giunto il momento che l’Europa introduca l’obbligo dell’etichettatura d’origine, avvii una grande campagna promozionale per il consumo di latte e soprattutto costruisca una strategia di lungo periodo per il settore. Vanno inoltre attivate tutte le misure previste dal programma nazionale di sviluppo rurale per la gestione del rischio, come i fondi di mutualizzazione e le misure di stabilizzazione del reddito. Si deve infine monitorare la provenienza del prodotto utilizzato dalle industrie di trasformazione, al fine di impedire la speculazione in atto, che vede l’acquisto di latte straniero a basso costo per la produzione di formaggi e altri prodotti lattiero caseari con l’etichetta made in Italy”.
“Di fronte abbiamo un’industria, salvo pochissime lodevoli eccezioni, del tutto insensibile ad un discorso di filiera e alla valorizzazione della materia prima di origine nazionale, da cui si parte per confezionare le nostre specialità – rimarca il direttore della Cia di Cuneo -. Se non si pone un rimedio a questo stato di fatto assisteremo nel giro di poco tempo all’abbandono del settore da molti produttori. Già le stalle in Italia sono oggi al minimo storico: 33 mila unità rispetto alle 180 mila attive nel 1984 all’inizio del sistema delle quote, con l’ulteriore abbandono della nostra montagna. La situazione é insostenibile. Stando ai dati riferiti alla Commissione europea, a gennaio 2016 un litro di latte crudo in Italia veniva pagato al produttore 34,38 centesimi (gli allevatori ritengono che il “prezzo di sopravvivenza” del latte, per un prodotto che al supermercato costa mediamente un euro e 50, sia di 41 centesimi), ma dopo gennaio la situazione è andata ulteriormente peggiorando, soprattutto a causa della concorrenza di una grande quantità di latte proveniente dall’estero, sovente sotto forma di trasformati e semilavorati industriali che vengono poi spacciati come Made in Italy.
La media Ue del prezzo del latte a gennaio 2016 era di 29,61 centesimi al litro (-7% rispetto a gennaio 2015). Il latte estone, lituano e lettone nello stesso mese era pagato addirittura meno di 23 centesimi”.