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Latte, indebolire la filiera non servirebbe a nessuno


Nella Commissione agricoltura del Parlamento europeo è in corso un acceso dibattito sul futuro del settore lattiero-caseario in vista della fine del regime delle quote latte. I membri della Comagri sono divisi tra chi segnala la necessità di misure alternative per il post-quote e chi invece chiede un aumento dei prezzi all’intervento. Tra chi chiede misure immediate quali la diminuzione del super-prelievo o la reintroduzione delle restituzioni e chi guarda ancora con “nostalgia” alla fine del sistema delle quote.
Si stima che il prossimo anno in Europa verranno prodotti almeno una decina di milioni di tonnellate in più, quanto la produzione italiana di un anno. In mancanza di contromisure efficaci sono prevedibili un aumento della volatilità del prezzo del latte ed una fase di grande difficoltà per gli allevamenti di dimensione medio-piccola, ovvero di tutte quelle aziende non in grado di ascendere ad una scala produttiva che consenta di ridurre i costi.
Quasi certamente il “surplus di latte”, che si creerà prevalentemente nell’area nord-occidentale dell’Europa, si riverserà nella zona mediterranea. L’Italia rischia di essere invasa dal latte estero e di pagare un conto molto salato, molto più salato di altri Paesi.
Si prospetta quindi una situazione molto delicata. Per impedire che il nostro comparto del latte – non solo chi produce, ma anche chi trasforma – entri in una crisi dagli esiti imprevedibili e per affrontare con una relativa serenità il post quote latte va realizzato quello che in passato in Italia non è mai stato realizzato: un’interprofessione seria.
Purtroppo dalla Lombardia arrivano segnali esattamente opposti: industrie ed allevatori non riescono a trovare un punto di mediazione sul prezzo del latte. Si tratta di un copione che si ripete da molto tempo. Nei momenti di difficoltà l’industria tenta di cavarsela riversandone i costi interamente sui produttori. Ma non è in questo modo che si garantisce un futuro al comparto. Neppure all’industria conviene in questa fase un indebolimento eccessivo dell’anello produttivo della catena, se non vuole rischiare che si verifichi il caos nell’intera filiera con ripercussioni sulla qualità stessa dei prodotti caseari.
Se tante volte in passato si è parlato di interprofessione senza concludere nulla, ora è davvero necessario che tutti gli attori della filiera del latte facciano fronte comune per assicurare la sopravvivenza di un comparto, quello lattiero-caseario, strategico per l’agroalimentare italiano. La condizione per costruire un fronte comune solido è in primo luogo garantire un’equa distribuzione del reddito all’interno della filiera.

Lodovico Actis Perinetto, presidente Cia Piemonte