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Latte fresco nella concimaia gli allevatori sono soli


«Da oggi non so a chi vendere il mio latte, e come me ci sono, nel Saluzzese, altri tre colleghi. Saremo solo i primi. L’accordo con il caseificio (Valgrana Spa di Scarnafigi) scadeva ieri. E non è stato rinnovato».
Nelle parole di Franco Godino, l’allevatore di Cervignasco, frazione di Saluzzo (Cuneo), che venerdì 1 aprile per protesta ha buttato nella concimaia 37 quintali di latte appena munto, ci sono lo strazio e il paradosso del mondo del latte in Italia, un Paese che importa dall’estero almeno il 60 per cento del proprio fabbisogno di latte e che non riesce a garantire compratori a chi lo produce nelle stalle nazionali.
La vicenda di questa azienda di medie dimensioni (150 vacche frisone) è quella di moltissime altre nelle medesime condizioni, in tutto il Nord Italia.
«Mai ci eravamo trovati in una situazione simile – aggiunge Godino -, siamo davvero all’assurdo. Così non si può andare avanti, vendiamo a meno del prezzo di produzione».
Ad assistere al gesto provocatorio e disperato dell’allevatore saluzzese, più di un centinaio di suoi colleghi del circondario, oltre a numerosi giornalisti e alle telecamere della Rai e del settimanale di approfondimento “La Gabbia”, in onda il mercoledì sera su La 7.
Nessun politico, nessun rappresentante delle categorie agricole, tranne il segretario zonale della Coldiretti di Saluzzo, Mario Dotto, che al mattino è stato in azienda per trovare una soluzione all’emergenza, sollecitando il soccorso della Compral latte, la quale il giorno successivo ha poi ritirato il latte con un accordo tampone. Per il resto, gli allevatori sono soli con il loro dramma.