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Latte fresco, c’è il bollino ma occorre molto di più


Il latte fresco ”made in Italy al 100%” sarà presto più facilmente riconoscibile negli scaffali di vendita grazie a un nuovo logo, omogeneo per tutte le aziende. Lo ha annunciato il ministro Maurizio Martina, nel precisare che ”si tratta di un logo privato, facoltativo, e omogeneo per tutte le realtà produttive che consentirà di superare le attuali difformità tra azienda e azienda nelle indicazioni delle zone di mungitura”.
L’iniziativa del logo per il latte rientra tra le misure di accompagnamento delle imprese italiane alla fine del regime delle quote latte.
Auspicando che la proposta abbia successo, si tratta comunque soltanto di un palliativo. Il latte fresco è già quasi tutto ottenuto a partire da latte crudo proveniente da allevamenti italiani. Il fresco infatti non può viaggiare molto, deve essere confezionato entro 48 ore e quindi gioco-forza le industrie devono fare ricorso ai produttori locali. Continua invece a non essere riconoscibile l’origine del latte utilizzato nelle produzioni di UHT o per preparare mozzarella e formaggi venduti come “made in Italy”, in gran parte importato (l’Italia importa 8,6 milioni di tonnellate di latte ogni anno).
Sono comunque necessarie misure ben più incisive per far fronte alle enormi difficoltà che il comparto del latte sta vivendo. Se non si interviene con estrema urgenza per preparare con strumenti adeguati un atterraggio morbido all’uscita del sistema delle quote, la situazione rischia di precipitare. L’attuale incremento della produzione di latte a livello europeo é destinato a crescere ancora dopo la cessazione del regime delle quote e non potrà che avere gravi ripercussioni sui prezzi della materia prima già pesantemente bassi.
Il governo italiano ha inserito nel maxi emendamento alla legge di stabilità un fondo per sostenere i produttori italiani e per incentivarli a “puntare sulla qualità”, ma si tratta di pochi soldi, solamente otto milioni per il 2015, nel quadro degli aiuti del regime “de minimis”. Inoltre è evidente che una misura nazionale non basta, perché la madre di tutte le partite si gioca in Europa. Nessuno Stato da solo può pensare di risolvere una questione, che in particolare per l’Italia riveste una fondamentale importanza.
Il settore lattiero-caseario è infatti una colonna portante dell’economia agroalimentare nazionale e del “made in Italy”: l’Italia annovera circa 35.000 allevamenti da latte (2.400 in Piemonte). Con circa 1.850.000 (163.000 in Piemonte) vacche la produzione nazionale di latte vaccino è di circa 11 milioni di tonnellate (960mila tonnellate in Piemonte), per un valore pari a 4,8 miliardi di euro. Il 50% del latte prodotto in Italia viene trasformato in formaggi Dop, con l’industria di settore che esprime un fatturato di 14,9 miliardi di euro, pari a circa l’11% del fatturato dell’industria alimentare italiana.
Anche Agea ed Equitalia si stanno applicando in questo momento al settore lattiero-caseario, ma su un altro fronte: quelle delle multe per le quote latte non riscosse ed hanno predisposto 1405 cartelle esattoriali con interessi aggiornati al 31 dicembre 2014 che sono già in fase di notifica agli splafonatori .
Il prelievo sulle multe per le quote latte ancora da riscuotere “riguarda quattordici periodi di riferimento – ha precisato il ministro Martina – a partire dalla campagna ’95-96 fino alla campagna 2008-2009, mentre per i periodi successivi non si è più superata la quota, salvo verifica della campagna ancora in corso”. “Su 2305 milioni di euro di prelievo imputato – ha aggiunto Martina – ne sono stati riscossi 553 e ve ne sono 198 che saranno incassati a rate. Per un totale di 751 milioni di euro. Dei restanti 1554 milioni, 211 sono classificati come irrecuperabili, arrivando quindi a un prelievo ancora dovuto di 1343 milioni di euro. Di questa somma una parte non è esigibile a causa di azioni in corso di natura giuridica, mentre risultano esigibili 832 milioni di euro”.

Lodovico Actis Perinetto, presidente Cia Piemonte