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Latte a 36 centesimi le reazioni in Piemonte


COLDIRETTI CUNEO
“UNA BOCCATA DI OSSIGENO”

“Se l’accordo a livello nazionale troverà completa e corretta applicazione anche a livello locale arriveranno per i nostri allevatori 30 milioni di euro – ha spiegato Delia Revelli presidente di Coldiretti Piemonte – Dovremo fare in modo che tutte le industrie di trasformazione, oltre alla Lactalis, riconoscano al latte alla stalla questo aumento di prezzo. Di fondamentale importanza sarà anche l’apporto delle Istituzioni regionali piemontesi per poter arrivare non solo a questo risultato, ma anche ad incrementarne l’effetto. D’altronde l’assessore Giorgio Ferrero ha già mostrato grande sensibilità rispetto alla vertenza sulla questione latte”.
L’intesa raggiunta con la Lactalis al Ministero dell’Agricoltura rappresenta un primo passo avanti a seguito della mobilitazione che ha coinvolto gli allevatori del Piemonte presso Ospedaletto Lodigiano, dove hanno presidiato per quattro giorni il centro di distribuzione della multinazionale, e davanti all’Esselunga di corso Traiano a Torino lo scorso 10 novembre.
L’accordo prevede per il prossimo trimestre un aumento di 2,1 centesimi al quale va ad aggiungersi il centesimo garantito dal Ministero delle Politiche Agricole con aiuti straordinari dell’Unione Europea.
“Una prima boccata d’ossigeno per le nostre aziende che stanno vivendo un momento di forte crisi. Coldiretti Piemonte si impegna a realizzare filiere che tendano a ridurre i costi di produzione delle nostre imprese – ha commentato Antonio De Concilio direttore di Coldiretti Piemonte – Coldiretti continuerà, inoltre, a portare avanti la battaglia di civiltà al fine di arrivare ad ottenere l’origine in etichetta per il latte uht, lo yogurt e per tutti gli altri prodotti lattiero caseari, a tutela delle produzioni del territorio e dei diritti dei consumatori”.

CONFAGRICOLTURA CUNEO
“MODERATAMENTE SODDISFATTI”

“Siamo moderatamente soddisfatti dell’accordo raggiunto a Roma sul prezzo del latte, ma auspichiamo che a livello regionale questo si traduca in azioni concrete e di reale utilità per la filiera. Non ho ancora sentito in questi giorni dichiarazioni di caseifici disposti a pagare il nostro latte al prezzo ritenuto equo e dovuto, anzi semmai il contrario. Circolano infatti commenti e opinioni negativi circa possibili aumenti del prezzo riconosciuto agli allevatori; ciò non favorisce i rapporti all’interno della filiera e non fa bene al settore. Se davvero il nostro latte non interessa, chiediamo che vengano dirottati direttamente agli allevatori i fondi ministeriali e del Psr destinati all’industria del latte per la valorizzazione dei prodotti lattiero caseari”. È un commento soddisfatto solo a metà quello che il direttore di Confagricoltura Cuneo, Roberto Abellonio, rilascia a margine della stipula dell’intesa tra allevatori, industria (Assolatte) e grande distribuzione sul prezzo del latte raggiunta oggi al Tavolo della filiera lattiero – casearia, riunitosi al Ministero delle Politiche Agricole. È stato concordato che il prezzo dovrebbe aggirarsi sui 36 centesimi al litro per i mesi di dicembre, gennaio e febbraio.
Con l’accordo il Mipaaf si impegna a utilizzare 25 milioni di euro dell’intervento straordinario europeo per gli aiuti diretti agli allevatori per il latte prodotto e commercializzato nei prossimi tre mesi.
Anche il presidente della Sezione Latte di Confagricoltura Cuneo, Giampiero Degiovanni, si dichiara parzialmente soddisfatto: “Ora occorre lavorare, soprattutto a livello regionale, per sviluppare rapporti di filiera efficaci, utili a valorizzare il nostro latte, consolidando la produzione di specialità a denominazione di origine protetta”.
Le parti si sono inoltre accordate sull’introduzione del sistema di indicizzazione nella stipula dei contratti (avvalendosi anche della consulenza tecnica di Ismea), sulla promozione di contratti standard per garantire maggiore trasparenza della filiera e sulla possibilità di pianificare la produzione, adeguando i contratti.
Sugli imballaggi potranno anche essere riportati avvisi sull’origine del prodotto per informare il consumatore. La grande distribuzione, con l’intesa di oggi, si impegna a promuovere iniziative di valorizzazione dell’origine e della qualità del prodotto italiano.

CIA PIEMONTE
“UN PASSO AVANTI, MA NON BASTA”

Informa il presidente della Cia del Piemonte, Ludovico Actis Perrinetto: “Al Ministero dell’agricoltura si è raggiunto l’accordo tra Lactalis e le organizzazioni agricole sul prezzo del latte, fissato a 36 centesimi al litro per i prossimi tre mesi. Inoltre al Mipaaf è stato siglato anche l’accordo di filiera tra Ministero delle politiche agricole e organizzazioni agricole, cooperative, industria e Gdo in base al quale è previsto l’impegno del Ministero a utilizzare i 25 mln di euro europei direttamente a favore degli allevatori, con un impatto di un centesimo in più per litro venduto nel prossimo trimestre. Si possono raggiungere così i 37 cent al litro.
La Gdo si é impegnata, poi, a realizzare campagne straordinarie di valorizzazione e promozione dei prodotti lattiero caseari italiani, attraverso iniziative che rendano facilmente riconoscibile l’origine da parte dei consumatori.
Le parti hanno concordato anche l’utilizzo di meccanismi di indicizzazione da inserire nei contratti e la promozione dell’utilizzo di contratti standard per rendere più trasparenti i rapporti di filiera.
L’accordo é un passo in avanti, importante perché sblocca le relazioni tra i soggetti della filiera e mette al riparo il lattiero caseario dalla tempesta perfetta che sta subendo. Le misure intraprese devono servire a riprendere fiato e a cambiare rotta.
Tuttavia, inutile nasconderlo, il prezzo del latte concordato non può essere considerato soddisfacente. Sconta purtroppo il fatto che la determinazione del prezzo del latte alla stalla sfugge ormai a qualunque suggestione autarchica e si riferisce, invece, alle dinamiche dei mercati europei e mondiali.
In Rhone Alpes il prezzo medio a settembre è stato di 32,89 (su elaborazione Clal.it), in Baviera di 29,68 e in Polonia di 26.55 al chilo (di poco sfasato rispetto alla quotazione al litro), in Slovacchia di 26,14 al chilo.
In questa forbice si innesta la strategia della grande industria, con la Lactalis dominante che vuole comprare a prezzo competitivo – potremmo definirlo “europeo” – anche in Italia. Può farlo, e può anche rivolgersi altrove qualora mancassero i conferimenti in Italia: di latte ce n’è in abbondanza ovunque.
Mentre l’Europa del Sud produce il 71,4% del suo fabbisogno, l’Europa del Nord produce il 125,7%, i Paesi Baltici il 160,7% e l’Est Europa il 115%. Questo significa – spiega Angelo Rossi, analista e creatore del portale Clal.i – che al 31 dicembre ci saranno sul mercato mondiale 4 milioni di tonnellate di latte in eccedenza rispetto alla domanda. In Europa l’eccedenza sarà di 1,9 milioni di tonnellate”.
Per i produttori italiani non si prospettano tempi facili, a causa anche delle scelte della Ue, che ha destinato al Sud Europa pochi dei 500 milioni di euro di aiuti al comparto, preferendo indirizzare il grosso dei finanziamenti al Nord. Se la Ue aveva un’occasione per riequilibrare il mercato, tenendo conto delle tipicità (esempio: le regioni italiane e francesi a ridosso delle Alpi producono senza dubbio un latte diverso), allora l’ha fallita.
La salvezza del latte italiano sta nella qualità: già ora la metà del latte prodotto in Italia serve a produrre formaggi tipici, dal Grana, al Parmigiano, fino a Gorgonzola, Taleggio, Provolone e altro. E non può essere latte qualunque.
La salvezza sta anche nell’indicazione obbligatoria in etichetta dell’origine del latte, che non è la soluzione taumaturgica di tutti i problemi del comparto, ma in assenza di informazioni sulla provenienza del latte i consumatori, oltre a non disporre di un elemento di scelta determinante, non possono neppure decidere di sostenere le realtà produttive nazionali e con esse il lavoro e l’economia del nostro Paese.
Da tener infine presente che il latte al consumo in Italia viene venduto ad un prezzo che è almeno una volta e mezzo superiore alla media europea e ciò consente all’industria di realizzare profitti impossibili in altri Paesi. Nell’attuale drammatica situazione, in cui è in gioco la sopravvivenza di molte stalle, certi comportamenti speculativi dell’industria sono intollerabili. Una parte del valore che l’industria realizza in Italia va trasferito a monte della filiera”.