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L’analisi sul calo del prezzo del mais


Il mais occupa un ruolo di rilievo nell’agricoltura piemontese. In termini di superficie rappresenta una delle colture di maggiore diffusione, Circa 150.000 ettari.La maggiore estensione della coltura riguarda la produzione di granella, dalla quale si ottiene in prevalenza mais destinato all’industria mangimistica, ma anche materia prima per l’industria amidiera (food, feed, farmaci, chimica, tessile, plastiche, ecc.) e per l’industria molitoria. Anche la produzione foraggera ha una grande importanza. Il mais foraggero (o ceroso) entra, infatti, nel ciclo produttivo dell’allevamento zootecnico.
Per il mais questo è un periodo difficile. Dopo il calo a Bologna della scorsa settimana, martedì 2 settembre il mais ha perso 6 euro alla tonnellata anche sulla Borsa di Milano, attestandosi attorno ai 189,5 euro/t. Come riportato anche dalla Newsletter Obiettivo Cereali di questa settimana, le previsioni di ribasso per il mais, sia estero sia nazionale, si stanno puntualmente verificando, e i possibili elementi di sostegno (crisi politiche internazionali, euro debole) sembrano non avere alcun effetto sui prezzi.
Arrivano segnalazioni di ulteriori cali di prezzo, con valori che si avvicinano a quelli dei concorrenti esteri: 165 euro/t arrivo per i prossimi mesi. Il timore è che questo sia il prezzo che perdurerà sui mercati nazionali per i prossimi mesi, la speranza è che il mais di provenienza estera sia sanitariamente inferiore a quello nazionale.
La settimana di Chicago è stata piuttosto movimentata e altamente volatile: mercoledì scorso il future di settembre è crollato di quasi 14 cent/bushel, salvo recuperare qualcosa tra giovedì e venerdì. L’ultima quotazione è di 346,4 cent/bushel. Meno drastico ma altrettanto netto il calo a Parigi del future di novembre, ormai stabilmente sotto i 150 euro/t (149 euro/t l’ultima quotazione). Situazione analoga sul mercato fisico francese. A Bordeaux il prezzo fob di venerdì era di 147 euro/t, tendenza in calo.
Secondo gli analisti i cali in concomitanza dell’arrivo della merce nuova sono fisiologici e si ripetono ogni anno, va detto però che i prezzi attuali vanificano in buona parte le ottime rese medie che si stanno registrando dalle prime raccolte, in pratica la plv si avvicina a quella di annate più modeste.
La situazione è molto pesante. La politica italiana, ma anche le rappresentanze del mondo agricolo, devono incominciare ad affrontare in modo serio e razionale i problemi della maidicoltura italiana. Attualmente il mais coltivato in Italia, tutto ogm free, non spunta un centesimo in più rispetto a quello biotech di importazione. Chi produce il mais ogm free ha costi più alti e rese minori, ma se lo vede poi mischiato e venduto allo stesso prezzo di quello importato ogm. Lo stato attuale delle cose non é più tollerabile.
Occorre attivare con urgenza alcune misure concrete a difesa della produzione maidicola italiane che si possono riassumere in quattro punti:
a)la quotazione del mais nazionale ogm free nelle borse merci deve essere specifica e separata da quella del mais biotech;
b) i disciplinari di produzione dei prodotti dop ed igp devono prevedere il divieto assoluto di utilizzo nella fasi di allevamento di mangimi ogm;
c) va contingentata la vendita sul territorio italiano di granella e mangimi contenenti ogm;
d) i marchi della grande distribuzione non devono poter utilizzare in fase di pubblicità e promozione i termini “liberi da ogm” se cio’ non risulti tracciato specificatamente.
Si tratta di misure estreme, ma necessarie per salvare la maidicoltura italiana. Il mais è il cereale d’elezione nella zootecnia moderna, da cui dipende non solo la produzione di importanti alimenti di base, quali la carne e il latte, ma anche di molti importanti prodotti trasformati che sono l’orgoglio del made in Italy.

Lodovico Actis Perinetto, presidente Cia Piemonte