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L’agroalimentare è in netta ripresa


Il settore agroalimentare si conferma in netta ripresa, si tratta di una crescita dalle solide basi in quanto è accompagnata da una redditività positiva e da una struttura finanziaria relativamente solida. Nel 2015, soprattutto grazie anche al forte sviluppo delle esportazioni, il settore è cresciuto del 4,6% a velocità decisamente superiore rispetto all’economia italiana che lo scorso anno ha fatto registrare il primo valore positivo (PIL +0,8%) dopo tre anni di contrazione. Il progresso della “food industry” italiana raggiunge livelli ancora superiori, facendo segnare nel 2015 un +8% rispetto all’anno precedente, nella creazione di valore aggiunto grazie alla capacità di sviluppare prodotti unici, basati su processi produttivi innovativi, spesso caratterizzati da brand forti e distribuiti sui mercati internazionali. Anche i trend degli investimenti materiali (impianti produttivi e logistica) ed immateriali (ricerca e sviluppo e comunicazione) hanno valori superiori rispetto alla media delle imprese italiane. Nonostante ciò un’ulteriore crescita degli investimenti sarebbe auspicabile per rafforzare la competitività del settore e, di conseguenza, del Made in Italy.
A livello di singoli comparti, l’ICS – Indice di Crescita Sostenibile – un indice creato ad hoc per il presente studio che tiene conto della combinazione di ricavi, profitti e indebitamento – rivela che distillati, food equipment, caffè e vino sono i settori più in salute dell’agroalimentare che hanno anche maggiori prospettive per il futuro.
Questi i principali risultati del Food Industry Monitor 2016, l’osservatorio sulle performance delle aziende italiane del settore agroalimentare realizzato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo con il supporto di BSI Europe, giunto alla sua seconda edizione. L’osservatorio, partito lo scorso anno, ha ampliato il proprio campo di ricerca rispetto alla prima edizione ed ha analizzato performance di 807 aziende, per 54,8 miliardi di ricavi aggregati, nel periodo 2009-2015. Sono stati selezionati 13 comparti rappresentativi del settore agroalimentare: acqua, caffè, conserve, distillati, dolci, farine, food equipment (macchine per la produzione di alimenti), latte e derivati, olio, packaging, pasta, salumeria, vino. Il campione rappresenta circa il 70% di tutte le società di capitale operanti nel settore.
L’osservatorio 2016 ha mostrato chiaramente che l’industria italiana dell’agroalimentare fa leva sull’elevata qualità delle risorse naturali e delle materie prime, ma aggiunge valore attraverso i processi produttivi, la comunicazione, il brand e la distribuzione. A partire dal 2012 il valore aggiunto prodotto dalle aziende del campione è cresciuto a tassi sempre più elevati e ha superato la crescita del fatturato. Nel 2015 l’incremento del valore aggiunto è stato quasi il doppio del tasso di crescita del fatturato. Questo dato caratterizza in modo unico l’industria italiana dell’agroalimentare, che non è più un’industria di mera trasformazione, ma si configura come un sistema di imprese in grado di fare innovazione e aggiungere valore a risorse naturali di grande qualità.
Buona la redditività commerciale (ROS) che è passata dal 5% del 2012 al 6,8% del 2015 mentre la redditività del capitale investito (ROIC) mostra una netta ripresa e, nel 2015, supera l’11%, tornando, dopo molti anni, alla “doppia cifra”. Il tasso di indebitamento si mantiene stabile per tutto il periodo considerato attorno al valore medio di 2,7.

Le performance pluriennali dei singoli comparti: distillati, food equipment e caffè si confermano i best performer
Il tema della sostenibilità economica della crescita nel settore agroalimentare è estremamente importante in quanto consente di valutare non solo la crescita ma anche le prospettive di lungo periodo. Tuttavia solo quattro comparti evidenziano la presenza di imprese in crescita con buone performance reddituali e un indebitamento sotto controllo. È quanto si evince dall’ICS – Indice di Crescita Sostenibile, un indice creato ad hoc per il Food Industry Monitor che viene calcolato tenendo conto della crescita dei ricavi, della marginalità commerciale e della struttura finanziaria su un arco pluriennale (2009-2014). Quanto più elevato è l’indice tanto maggiore sarà la possibilità di continuare a crescere per il comparto o per la singola azienda.
I distillati (ICS 24), il food equipment (ICS 21,9), il caffè (ICS 18,8) e, in misura minore il vino (ICS 10,2), sono i comparti che hanno registrato le performance migliori per i tre profili sopra richiamati, essi associano all’aumento delle vendite e della marginalità un tasso d’indebitamento contenuto. Settori quali pasta (ICS 9,1), dolci (ICS 7,7), farine (ICS 7), packaging (ICS 5,4) si trovano “a metà del guado” ovvero presentano risultati non soddisfacenti in almeno uno dei tre profili che compongono l’indice: questi comparti hanno tuttavia le potenzialità per eccellere in tutti i profili e quindi garantirsi una crescita futura con degli interventi mirati. Infine, anche rispetto al 2015, si conferma la difficile situazione dei restanti comparti, tra cui spiccano il latte (ICS 2,2) e la salumeria (ICS 1,2). Questi ultimi pagano delle problematiche che si potrebbero definire strutturali. Il settore lattiero caseario paga, infatti, le tensioni sui prezzi molto bassi nonché i processi di ristrutturazione di player importanti che vanno avanti da ormai molti anni e sono ancora in corso. La salumeria soffre, dal canto suo, del crollo dei consumi: una situazione che, anche a causa del cambiamento degli stili di vita, non fa intravedere buone prospettive.
Entrando nel dettaglio, l’analisi delle performance medie dei singoli comparti nel periodo 2009-2014 fa emergere che farine, food equipment, packaging, olio, vino e caffè sono i settori che hanno mostrato una crescita maggiore in termini di CAGR dei ricavi.
La redditività commerciale (ROS) è tradizionalmente molto elevata nel comparto dei distillati (12,7%); nel periodo 2009-2014 si rilevano buone performance medie anche per i food equipment, dolci, caffè e pasta che hanno valori superiori la media dell’intero settore nel periodo considerato (5,5%). Come evidenziato nella scorsa edizione dello studio permangono delle criticità che interessano i comparti salumeria, olio e latte che hanno la redditività commerciale (ROS) e la redditività del capitale investito (ROIC) sensibilmente inferiori rispetto alle medie di settore agroalimentare.
Confronto intersettoriale: l’agroalimentare è il migliore per reddittività, indebitamento e investimenti
Il confronto intersettoriale conferma che l’agroalimentare registra performance migliori rispetto al resto. Infatti il ritorno sul capitale investito (ROI) nel 2014 è superiore a quello di diversi settori nei quali l’economia italiana eccelle nel mondo come l’abbigliamento, il legno e i mobili (confronto con dati MBRES).
La situazione debitoria del settore food è lievemente più bassa rispetto al campione MBRES delle imprese italiane ed è caratterizzato da una tendenza decrescente nel lungo periodo. Nel 2014 il tasso d’indebitamento del settore food è 2,57 rispetto ad un valore leggermente più alto di 2,65 per le Imprese italiane.
Gli investimenti materiali e immateriali dell’agroalimentare evidenziano un trend di crescita nel periodo 2009-2014; le imprese italiane (campione MBRES), invece, hanno ridotto gli investimenti, soprattutto nel biennio 2013-2014. Proprio la crescita degli investimenti è un fattore critico di successo che consente all’agroalimentare di conseguire risultati migliori degli altri settori.
Agroalimentare e GDO: innovazione ed esportazioni fanno la differenza
Il confronto con i dati della GDO italiana conferma che lo sviluppo del food è in buona parte riconducibile all’export e beneficia anche del contributo di nuovi canali distributivi. La GDO, seppure controlli una buona parte del fatturato della filiera alimentare, ha una redditività commerciale molto bassa, con un ROS, nel 2014, dell’1,4% decisamente inferiore al ROS delle aziende del food (5,9%). Si potrebbe quindi affermare che la GDO, probabilmente a causa della contrazione dei consumi interni, sia diventata una sorta di “anello debole” del sistema agroalimentare che deve rinnovare necessariamente i propri modelli di business, ma che difficilmente potrà sostenere investimenti in innovazione con margini commerciali così ridotti.
“La ripresa del settore agroalimentare manifestatisi a partire dal 2012 si è fatta ancora più decisa lo scorso anno e questo rappresenta un chiaro segnale del fatto che l’agroalimentare può guardare al futuro con un certo ottimismo, nonostante il settore subisca ancora le ripercussioni della crisi dei consumi interni, della contrazione della domanda e delle forti pressioni sui prezzi. Anche nel 2015 il settore del food è cresciuto a ritmi molto superiori rispetto all’economia nazionale grazie alle strategie di crescita messe in atto per continuare a reagire all’evoluzione del mercato: tra queste vi è innanzitutto quella di puntare sui mercati esteri offrendo la qualità che sono il Made in Italy può offrire nel campo agroalimentare. Ciononostante, non tutti sono riusciti a mantenere un buon bilanciamento tra ricavi, profitti e indebitamento e questo ha penalizzato la completa ripartenza dell’intero settore, che comunque gode di buona salute. Due sono i fattori che influenzeranno positivamente la crescita nei prossimi anni: la creazione di valore aggiunto, raggiungibile attraverso l’innovazione e investimenti mirati che consentano di sostenere e incrementare i margini, e il continuo mantenimento dell’indebitamento su tassi contenuti in quanto una crescita profittevole deve poggiare su solide basi patrimoniali” afferma Carmine Garzia, professore di management all’UNISG e coordinatore scientifico del Food Industry Monitor.
Gabriele Corte, responsabile del mercato italiano di BSI Europe, dichiara: “Anche lo scorso anno il settore agroalimentare ha confermato di essere una delle colonne portanti dell’economia italiana. Lo studio sistematico e pluriennale del mondo alimentare italiano creato da BSI e UNISG ci permette di analizzare i singoli comparti ed evidenziare punti di forza e di debolezza del settore, individuando fattori critici di successo da condividere con i nostri partner in modo da poter offrire alle singole aziende strumenti utili alla crescita. Oltre a portare all’attenzione l’enorme valore intrinseco nel settore, il Food Industry Monitor fornisce dati utili agli imprenditori per affinare ulteriormente le proprie strategie aziendali”.

Ulteriori informazioni sul Food Industry Monitor sono disponibili su www.unisg.it/ricerca/food-industry-monitor/ da cui si potranno scaricare anche i relativi report e presentazioni.

BSI
Fondata a Lugano nel 1873, BSI è una delle più antiche banche in Svizzera ed è specializzata nel private wealth management. Con CHF 84,3 miliardi di patrimoni in gestione (al 31/12/2015) e circa 1800 dipendenti, BSI è presente sui principali mercati finanziari internazionali in Europa, America Latina, Medio Oriente e Asia. BSI è attiva in Italia attraverso la succursale italiana di BSI Europe, banca lussemburghese posseduta al 100% dal Gruppo BSI. BSI Europe fornisce servizi finanziari di alta gamma, con un’offerta di private banking completa e con soluzioni personalizzate in grado di soddisfare ogni esigenza di natura finanziaria, sia essa privata o societaria. BSI Europe Succursale Italiana è presente a Milano e a Como.
Il Gruppo BSI è presente in Italia anche attraverso EOS Servizi Fiduciari, fiduciaria statica attenta all’evoluzione della normativa e vicina alle esigenze della clientela, che ha sede a Milano e Genova, BSI Merchant, boutique di consulenza per servizi di corporate finance ed Aeon Trust, la trust company italiana del Gruppo. www.bsieurope.it

Università delle Scienze Gastronomiche-UNISG
L’UNISG, nata nel 2004 per volontà dell’associazione internazionale Slow Food, in collaborazione con le Regioni Piemonte ed Emilia Romagna, è un’università privata legalmente riconosciuta dallo Stato Italiano. L’Università è oggi un centro di ricerca e formazione di eccellenza riconosciuto a livello internazionale per le tematiche inerenti il settore del food, che offre programmi di Laurea Triennale, Laurea Specialistica e Master, prevalentemente in lingua inglese. L’Università ha ospitato quasi 2000 studenti provenienti da 84 paesi diversi. L’Università gode del sostegno finanziario di un network di circa 150 aziende (tra partner strategici e soci sostenitori) che sviluppano inoltre attività di ricerca applicata con i docenti dell’Università. Le aziende del network includono alcuni tra i maggiori player nazionali ed internazionali del settore. www.unisg.it