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La scomparsa di Caciula margaro d’altri tempi


Era il Gigante dallo sguardo severo, un’istituzione del Monregalese agricolo, una leggenda per quanti l’hanno conosciuto. L’Associazione provinciale allevatori ricorda il socio storico Giovanni Bruno, detto Caciula, deceduto nei giorni scorsi all’ospedale di Mondovì all’età di 76 anni.
“Lo chiamavano Caciula dal nome della cascina di Pogliola dov’è cresciuto – racconta Bartolomeo Bovetti, direttore dell’Apa di Cuneo -, diventando nel tempo un personaggio assoluto. Un omone barbuto dal cuore tenero che aveva la passione dell’allevamento, rigorosamente di razza Piemontese, e un margaro secondo le regole antiche della transumanza”.
Giovanni “Caciula”, per spiegare le sue proporzioni di moderno Gargantua, sosteneva che la madre, per nutrirlo da piccolo, usava la carriola. Nei suoi discorsi infiammati citava Garibaldi, Pietro Micca e tutti i santi, ammaliando la platea di quanti, ai mercati di Mondovì e di mezza provincia, erano abituati a vederlo arrivare con il suo trattore. “Non ha mai voluto guidare l’auto – dice il dottor Bovetti – al punto da affrontare lunghi tragitti a bordo del suo trattore. Memorabile fu quella volta in cui decise di andare alla fiera di Verona: sempre in trattore”.
C’è un aneddoto che all’Apa di Cuneo ricordano tuttora. Parliamo di più di vent’anni fa. C’erano quasi cinque miliardi delle vecchie lire bloccati all’Ispettorato agricolo di Cuneo. Erano soldi finanziati dalla Cee per i premi di nascita dei vitelli. Anche Giovanni Bruno aveva diritto al suo contributo, circa 500 mila lire, e per capire i motivi del ritardo si presentò all’Associazione allevatori, allora in corso IV novembre a Cuneo. “Perché non ricevo nulla?” chiese ai funzionari. Fu lo stesso dottor Bovetti a spiegargli che la responsabilità non era dell’Apa, ente soltanto erogatore, in quanto la cifra era bloccata da una questione burocratica. “Ci penso io”, disse Caciula. Facendo rombare il suo trattore si presentò agli uffici dell’Ispettorato chiedendo udienza. La risposta ottenuta non gli piacque e minacciò il “tramud” di un paio di scrivanie. “Alcuni giorni dopo – ricorda Bovetti – mi chiamarono dall’Ispettorato per la liquidazione immediata dei contributi”.
Ottenuto quanto doveva, Caciula invitò in cascina il dottor Bovetti che lo raggiunse a Pogliola insieme al collaboratore dottor Andrea Quaglino, attuale direttore dell’Anaborapi. “Ci accolse nella sua cucina – dice Bovetti – e ci regalò sei uova, raccogliendole sulla credenza da cui fece scappare una gallina spaventata. Era fatto così, una persona d’altri tempi. Nell’album della nostra storia allevatoriale Giovanni Caciula resterà un mito”.

(nella foto: Giovanni Bruno, detto Caciula)