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La primavera verde dell’agricoltura


Bisogna sempre essere alla vigilia di qualcosa. L’attesa è il momento più interessante, come insegna il “sabato del villaggio”. Stimola l’immaginazione, la creatività, l’attivismo della preparazione. Poi viene l’“epifania”, che tutte le feste porta via, e si riparte con altre attese. E’ il ciclo delle stagioni, la semina che prelude al raccolto.
In questo senso, il 2014 si annuncia come un anno di grandi attese, cioè di crescita, non a caso sinonimo di crisi.
E’ la vigilia dell’Expo 2015 di Milano, un evento universale a due passi da casa, dedicato a un tema che dovrebbe scuotere dalla branda anche il più “bugia nen” degli agricoltori: “Nutrire il pianeta. Energia per la vita”. Cuneo è la prima provincia agricola del Piemonte, la quarta d’Italia, e non può non cogliere questa opportunità, come peraltro stanno già facendo Eataly e Carlin Petrini, cuneesi globalizzati.
La sfida è importante perché mette in gioco il modello dell’agricoltura sostenibile, a sua volta al centro della nuova Politica agricola comunitaria (Pac), altra grande attesa e promessa della stagione agricola di imminente apertura. Alle porte ci sono i forconi della protesta, ma anche la “primavera verde” dei giovani che tornano all’agricoltura. Tutta questa energia, opportunamente incanalata in una strategia virtuosa, anziché frantumata nei rivoli degli orticelli, potrebbe trasformarsi nella vera rivoluzione che mancava, con l’agricoltura protagonista di un nuovo sviluppo dal volto umano.
Un percorso, tuttavia, per nulla scontato, se il primo spot televisivo per la promozione dell’Expo 2015 è stato una mazzata alla zootecnia, accusata di consumare oltre 15 mila litri d’acqua per produrre un chilogrammo di carne. Al di là del dato, giudicato una frottola dagli esperti di parte avversa, rimane evidente la necessità di conciliare le varie anime dei campi, rendendo sostenibile l’agricoltura non solo per l’ambiente, ma anche per l’economia di chi ci lavora.
Il 2014 sarà inoltre la vigilia della fine delle quote latte, che verranno abolite, appunto, nel 2015, quando il consumo globale dei prodotti lattiero-caseari viene da tutti previsto, Ismea in testa, in rapido aumento, con buone prospettive per gli allevatori italiani. Senza contare le sorprese che potrebbero arrivare dal fronte giudiziario, se fosse vero che gli algoritmi per il calcolo della produzione di latte in Italia erano sbagliati, e che, quindi, le quote non sarebbero state in tutto o in parte superate.

(Fonte: L’imprenditore agricolo)