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La deflazione aggrava la crisi dell’agricoltura


L’agricoltura in controtendenza rispetto agli altri settori fa segnare un calo del 3,7% del valore aggiunto per l’effetto della deflazione nei campi che ha tagliato i prezzi riconosciuti agli agricoltori, che in alcuni casi come per il grano sono scesi ben sotto i costi di produzione.

E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti divulgata in occasione della diffusione dei dati Istat sui conti trimestrali dai quali si evidenzia che l’agricoltura è l’unico settore a far registrare un calo del valore aggiunto.

A pesare – sottolinea la Coldiretti – è stato l’andamento dei prezzi pagati agli agricoltori che si sono ridotti del 5,2% con punte del -11,6% dei prezzi dei cereali nella media annua secondo Ismea.

Gli agricoltori nel 2016 hanno dovuto vendere piu’ di tre litri di latte per bersi un caffè o quindici chili di grano per comprarsene uno di pane ma la situazione non è migliore per le uova, la carne o per alcuni prodotti orticoli.

Nonostante il crollo dei prezzi dei prodotti agricoli in campagna sugli scaffali i prezzi dei beni alimentari sono rimasti praticamente stabili nel 2016 anche per effetto delle speculazioni e delle distorsioni di filiera nel passaggio dal campo alla tavola.

A incidere – precisa la Coldiretti – è anche il flusso delle importazioni selvagge che fanno concorrenza sleale alla produzione nazionale perché vengono spacciati come Made in Italy per la mancanza di indicazione chiara sull’origine in etichetta per tutti i prodotti, anche se per il 2017 sono attese importanti novità per il latte, i formaggi e la pasta Made in Italy.

La deflazione è strettamente collegata con la stagnazione dei consumi con il 2016 che si chiude con il segno meno per la spesa alimentare domestica delle famiglie, secondo elaborazioni Coldiretti su dati Ismea.

Si stima una riduzione degli acquisti di cibo e bevande dello 0,5% rispetto al 2015 frutto di dinamiche eterogenee tra i diversi comparti, tra cui si segnalano cali, anche di una certa intensità, per le carni fresche (-5%), i formaggi (-6%) e i salumi da banco (-10%), solo in parte compensati da un incremento degli acquisti di prodotti ittici (+2,5%) e della frutta (+2%).