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La Cina affascina  ma spaventa


La Cina affascina: un mercato immenso, costituito da 1,4 miliardi di abitanti (un quinto della popolazione mondiale), con una crescente fascia di consumatori con un reddito elevato che si possono permettere l’acquisto di vino di qualità.
Al tempo stesso la Cina spaventa perchè è nella top ten dei produttori mondiali di vino (7° posto secondo le ultime stime Oiv con 14 milioni di ettolitri prodotti nel 2014), 570 mila ettari di superficie vitata (più che raddoppiati in dieci anni) e nuovi progetti per impianti. Per un Paese enorme come quello cinese, distribuito su quasi dieci milioni di chilometri quadrati e con una vitienologia che solo dagli anni Novanta si sta organizzando in modo razionale, non è facile avere dati precisi. Nel 2000 la produzione vitivinicola risultava alquanto e concentrata, con poche cantine di un certo rilievo e quasi tutte operanti in collaborazione con entità straniere.
Oggi alle grandi realtà para-statali si sono affiancate numerose realtà piccole e medie che puntano a prodotti di qualità e operano sempre più con tecnologie moderne sia in cantina che in vigneto.
Quindici anni fa la Cina “trainava il lusso”, nel senso che i milioni di persone che potevano spendere, lo facevano non per gusto ma per griffe, acquistando marchi noti e il vino non faceva eccezioni. Oggi, vuoi perché le nuove regole del governo frenano gli acquisti, vuoi per una maggiore consapevolezza popolare, tutto ciò viene di anno in anno diluito. Se è vero che il consumatore cinese mangia di tutto, è altrettanto vero che dà sempre più importanza alla qualità del cibo e delle bevande, ovvero alla loro genuinità e alla loro naturalità. Un mercato assai difficile per tanti motivi. Il reddito medio per abitante oggi dovrebbe aggirarsi intorno ai 3.000 USD/anno (circa 2.400 euro), ma la sua distribuzione è alquanto eterogenea. Un livello che, detto così, escluderebbe buona parte del mercato, visto che una bottiglia di vino importato costa mediamente intorno ai 25 dollari Usa. Ma, come sempre, le medie non vanno generalizzate.
Secondo l’Ufficio nazionale di statistica in Cina una prima differenza di reddito si constata tra la popolazione delle campagne (1.500 USD) e delle città (4.500 USD), ed in quest’ultima fascia spicca quella delle province costiere (con oltre 500 milioni di abitanti) che ha un reddito annuo di 5.000 dollari Usa, quasi il triplo della media nazionale. In questo contesto il reddito annuo più alto è a Shanghai con 8.000 dollari (nel 2000: 2.000 dollari), seguito da Pechino con 7.000 dollari (nel 2000, 1.000 dollari).
Da un lato quindi il potere d’acquisto dei consumatori appare sempre più promettente, dall’altro l’evoluzione del mercato sembra essere strettamente legata a quella del consumatore stesso, ancora caratterizzata dalla assai scarsa cultura del bere, aggravata da prezzi elevati.
La Cina, conformemente agli accordi stipulati con il Wto, ha ridotto negli ultimi anni i dazi doganali sui vini d’importazione (dal 65% al 14%), favorendo la crescita esponenziale del mercato di quelli provenienti dall’estero. Ciononostante le tasse per importazione di vino in Cina rimangono piuttosto elevate. In aggiunta ai dazi e all’imposta sul valore aggiunto (Vat), viene applicata per il vino anche un’imposta sul consumo pari al 10%. L’effetto combinato per il vino in bottiglia raggiunge complessivamente il 48,2%.
Gli ultimi dati disponibili dicono che la produzione di vino in Cina ha raggiunto i 13,8 milioni di ettolitri, per un valore pari a 6,8 miliardi di RMB (circa 877 milioni euro). Negli ultimi anni (2011/2013) l’incremento della produzione locale è stato di quasi il 17% in termini quantitativi. La produzione domestica è dominata da alcuni marchi nazionali quali Dynasty, Great Wall, Dragon Seal, Imperial Court e Changyu. Al momento i primi sei produttori del Paese rappresentano circa il 40% della produzione totale in quantità ed il 51% in valore, evidenziando la forte concentrazione produttiva del settore. Del resto, l’aumento delle importazioni di vino esercita una forte pressione sull’industria vinicola nazionale spingendola ad una maggiore competitività.
Le vendite di vino italiano nella Repubblica Popolare Cinese si collocano al 5° posto, dopo Francia, Australia, Cile e Spagna. Mentre le nostre performance nel periodo 2011/2013 sono state alquanto interessanti, i primi nove mesi del 2014 hanno deluso le aspettative degli operatori facendo registrare un decremento del valore del 2,5%, sia pur aumentando di oltre il 10% la quantità.Come è successo per altri settori dell’agroalimentare il colosso asiatico potrebbe passare in poco tempo da Paese importatore a esportatore di vino a basso costo. Una previsione già ipotizzata anni fa da chi scrive.
La Cina ha un miliardo e quattrocentomilioni di abitanti. Si calcola che il numero dei consumatori abituali di vino superi i 10 milioni, e quasi il doppio sono i consumatori occasionali; tuttavia le stime prevedono che queste cifre aumenteranno sensibilmente nei prossimi anni. Secondo un recente studio, il consumatore tipo di vino di qualità ha il seguente profilo: reddito medio-alto; età 30-45 anni; alto livello di scolarizzazione; frequenti viaggi all’estero; vive in grandi città; consuma al ristorante, in hotel, al bar; considera il vino uno status-symbol; sceglie in base al brand, al prezzo e all’origine.

Giuseppe Martelli
(da “Agrimpresa – Cia Emilia)