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La Cia incontra i sindaci per combattere il cemento


La Cia di Cuneo prosegue i suoi incontri con i sindaci delle principali città della provincia: dopo le elezioni presenteremo le nostre proposte ai primi cittadini di Cuneo, Saluzzo e Bra. Ricorderemo loro che l’agricoltura perde terreno, mentre la cementificazione avanza a ritmi elevatissimi, facendo prevedere tra vent’anni un consumo di suolo, nel nostro Paese, superiore ai 70 ettari al giorno. Il settore primario ha dovuto rinunciare solo negli ultimi dieci anni a quasi 2 milioni di ettari, una superficie pari all’intera regione del Veneto. Ma perdere suolo agricolo vuol dire aumentare la nostra dipendenza dall’estero sul fronte alimentare, oltre che mettere a rischio un patrimonio paesaggistico rurale che vale 10 miliardi di euro l’anno. Dall’estensione della superficie coltivata dipende direttamente l’autosufficienza alimentare del nostro Paese, che ad arriva a coprire il fabbisogno di cibo di tre cittadini su quattro. E se si va avanti a questo ritmo la sottrazione di terreni agricoli rischia di aumentare considerevolmente la nostra dipendenza dall’estero. Dovendo ricorrere ulteriormente alle importazioni per coprire il deficit produttivo. Da una parte cresce la domanda di cibo e dall’altra diminuiscono le terre coltivate.
Ho letto in questi giorni la dettagliata indagine dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), dalla quale risulta che l’Italia divora 8 mq di suolo al secondo! Un dato più che preoccupante.
Dall’indagine si rileva che, in termini assoluti, l’Italia è passata da poco più di 8.000 Kmq di consumo di suolo del 1956 ad oltre 20.500 Kmq nel 2010, un aumento che non si può spiegare solo con la crescita demografica: se nel 1956 erano irreversibilmente persi 170 m2 per ogni italiano, nel 2010 il valore raddoppia, passando a più di 340 m2.
L’indagine Ispra ricostruisce l’andamento, dal 1956 al 2010, del consumo di suolo in Italia con una metodologia di rilevazione, aggiornata in grado di integrare i dati locali con i dati di osservazione della terra a livello europeo. Il lavoro analizza i valori relativi alla quota di superficie consumata, incluse aree edificate, coperture del suolo artificiali (cave, discariche e cantieri) e tutte le aree impermeabilizzate, non necessariamente urbane (infrastrutture). Escluse, invece, le aree urbane non coperte da cemento e non impermeabilizzate.
Nel 1956 la graduatoria delle regioni più cementificate vede la Liguria, superare di poco la Lombardia con quasi il 5% di territorio sigillato, distaccando – Puglia a parte (4%) – tutte le altre. La situazione cambia drasticamente nel 2010: la Lombardia, superando la soglia del 10%, si posiziona in vetta alla classifica, mentre quasi tutte le altre regioni (14 su 20) oltrepassano abbondantemente il 5% di consumo di suolo.
In base ai dati disponibili a livello europeo – ma di minor dettaglio rispetto a quelli nazionali – nel rapporto “Overview on best practices for limiting soil sealing and mitigating its effects”, presentato per la prima volta in Italia dalla Commissione europea durante il convegno Ispra, circa il 2,3% del territorio continentale è ricoperto da cemento.
Dai 1.000 Km2 stimati dalla Commissione – estensione che supera la superficie della città di Berlino – circa 275 ettari al giorno (tra il 1990 e il 2000), si è passati ai 920 km² l’anno (252 ettari al giorno) in soli 6 anni (2000 – 2006). Il risultato è che nel 2006 ogni cittadino dell’Ue consuma 390 m² di suolo, vale a dire 15 m² in più rispetto al 1990. Di questi 390 m², circa 200 m² sono effettivamente impermeabilizzati – coperti da cemento o asfalto – per un totale di 100.000 km. L’impermeabilizzazione diminuisce molti degli effetti benefici del suolo. Ad esempio, riducendo l’assorbimento di pioggia – in casi estremi impedendolo completamente – si avranno una serie di effetti diretti sul ciclo idrologico e indiretti sul microclima, producendo un aumento del rischio inondazioni.
Tra il 1990 e il 2006, 19 Stati membri hanno perso una capacità di produzione agricola complessiva pari a 6,1 milioni di tonnellate di frumento (l’1% del loro potenziale agricolo, circa 1/6 del raccolto annuale in Francia, il maggior produttore d’Europa).
Numeri tutt’altro che insignificanti visto che, per compensare la perdita di un ettaro di terreno fertile in Europa, servirebbe la messa in uso di un’area dieci volte maggiore.