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La burocrazia uccide più della crisi


La burocrazia negli ultimi dieci anni ha ‘divorato’ 100 mila imprese agricole, costrette a chiudere per il peso opprimente dei costi e della farraginosità dei rapporti con la Pubblica amministrazione.
E’ quanto emerge da un’indagine presentata all’assemblea elettiva della Cia-Confederazione italiana agricoltori. Un dazio – sottolinea l’indagine – che all’agricoltura costa oltre 7 miliardi l’anno: per ogni azienda equivale a due euro per ogni ora di lavoro, 20 euro al giorno, 600 euro al mese, 7.200 euro l’anno.
Un carico opprimente che costringe ogni imprenditore agricolo a produrre nei 365 giorni montagne di carte che, messe in fila, superano i 4 chilometri e pesano 25 chili. Occorrono inoltre otto giorni al mese per riempire i documenti richiesti dalla Pubblica amministrazione centrale e locale. In pratica, cento giorni l’anno. Il peso della burocrazia ha conseguenze pesanti – osserva la Cia -: il 25,5 per cento delle aziende agricole ha messo da parte progetti di ammodernamento, innovazione e ricerca, il 21,5 per cento non ha compiuto alcun tipo di investimento, il 18,7 per cento è stato costretto a ridurre le coltivazioni e il 10 per cento, addirittura, a chiudere.
Secondo la Cia, il 30 per cento dell’aggravio economico burocratico è addebitabile a ritardi, disservizi e inefficienze della Pubblica amministrazione. Cifre che diventano ancora più macroscopiche se si prende in considerazione l’insieme dell’imprenditoria italiana, che spende in burocrazia 61 miliardi di euro l’anno. Più del 90 per cento degli agricoltori, secondo il sondaggio Cia, denuncia ostacoli e difficoltà per la propria attività a causa della burocrazia e chiede, quindi, una semplificazione amministrativa e fiscale, ritenuta un fattore indispensabile per lo sviluppo.
Ogni mese – aggiunge la Cia – le aziende agricole italiane sono costrette, in media, a impiegare dalle cinque alle sei giornate di lavoro per svolgere gli adempimenti amministrativi. Il 28 per cento afferma di aver dedicato dalle tre alle quattro giornate alla burocrazia, il 34 per cento dalle cinque alle sei giornate, il 38 per cento oltre le sei giornate. Oltre il 60 per cento delle imprese agricole – prosegue l’indagine della Cia – ha visto crescere del 6-7 per cento i costi burocratici degli adempimenti amministrativi; il 15 per cento tra il 3 e il 4 per cento; il restante tra lo 0,5 e l’1,50 per cento. Il 65 per cento delle aziende ritiene, tuttavia, che negli ultimi dieci anni la burocrazia è andata aumentando con costi sempre più esorbitanti.
La Cia sottolinea che il maggiore onere che sopporta l’imprenditoria agricola italiana (94 per cento) è rappresentato dagli adempimenti ‘specifici’ richiesti nel settore. Pesanti anche i costi dovuti al fisco (84 per cento) e alla sicurezza sul lavoro (75 per cento). Il 74,5 per cento delle imprese ritiene il costo degli obblighi burocratici un ostacolo alla propria attività produttiva. Oltre il 78 per cento delle aziende interpellate sottolinea che la pressione fiscale e gli oneri previdenziali-contributivi costituiscono un pesante freno allo sviluppo e alla competitività.
Neanche l’introduzione di nuove tecnologie informatiche è riuscita, per il 64 per cento delle imprese agricole, a migliorare il rapporto con l’Amministrazione pubblica. E questo soprattutto a causa della complessità degli adempimenti e per il continuo cambiamento delle normative e degli adempimenti ai quali l’imprenditore agricolo è costretto.
Il 30 per cento delle imprese lamenta, poi, il fatto che si trova a confrontarsi da sola con l’apparato burocratico e che più dell’85 per cento delle aziende agricole ricorre, almeno una volta all’anno, all’aiuto delle organizzazioni o dei professionisti esterni. Il 56 per cento degli imprenditori agricoli interpellati, infine, si é dichiarato disposto a nuovi investimenti di carattere produttivo e all’assunzione di manodopera se si dà un taglio del 30 per cento al carico burocratico che oggi pesa sull’azienda.