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Il dilemma dell’onnivoro


George Naylor vive a Churdan, Contea di Greene, Stato dell’ Iowa – U.S.A. e sui centonovanta ettari di placide argille nere acquistate nel 1919 da suo nonno, minatore inglese originario del Derbyshire, coltiva mais e soia.
La storia di George ci arriva grazie a Michael Pollan, collaboratore del “New York Times Magazine” e autore del libro-inchiesta “Il dilemma dell’onnivoro”, un’opera “cult” che ha provocato, non solo oltreoceano, un ampio dibattito.
All’epoca in cui il nonno di George arrivò sulle terre di Churdan, un americano su quattro viveva in una fattoria, un contadino sfamava sé, la sua famiglia e altri 12 compatrioti ed il paesaggio era mosso da prati, cavalli, alberi da frutto, erbe mediche e solo un po’ di mais, qua e là.
Oggi George Naylor è un omone con la faccia tonda e la barba grigia, è sposato con Peggy ed ha due figli, produce sugli stessi ettari del nonno una quantità di cibo tale da sfamare 129 compatrioti, ma non ha un dollaro.
La sua fattoria sarà pure in grado di sostenere un centinaio di altri americani, ma non riesce a mantenere i quattro che ci vivono. La famiglia Naylor va avanti grazie allo stipendio di Peggy, che lavora a Jefferson, 15 chilometri da Churdan, in un centro di assistenza sanitaria.
I Naylor non possono neppure mangiare quello che coltivano: mais e soia devono essere trasformati o dati in pasto agli animali per diventare cibo per gli umani. Come un naufrago su un’isola, George Naylor muore di sete anche se è circondato dall’acqua.
I 129 compatrioti che dipendono dal lavoro di George sono dei perfetti sconosciuti, la filiera che li lega è così lunga, complessa e poco trasparente che possono benissimo ignorarsi a vicenda.
Se chiedessi ad uno dei 129 da dove arriva la sua bistecca direbbe “dal supermercato”.
Se chiedi a George Naylor dove va a finire tutto il mais e la soia che coltiva ti dice “all’industria”.
Ed entrambi, purtroppo, hanno un po’ ragione.