I nuovi rivoluzionari del latte combattono per il prezzo armati di telefonino, a colpi di whatsapp
Eravamo quattro amici al “silo mais”. La storia dell’ultima rivoluzione agricola inizia così. Gino Paoli direbbe al bar, ma in campagna il luogo per ragionare è sempre il campo di battaglia, in piedi con gli stivali di gomma. Una storia che merita di essere raccontata. Che è culturale, prima ancora di colturale.
STALLE ALLO SBANDO. Quel giorno di settembre 2015, sulla trincea dell’insilato di mais, a Scalenghe, ci sono Davide Rosso e tre colleghi allevatori. La guerra del latte non promette nulla di buono. Caduto il primo aprile il regime delle quote, si vive la stagione dello sbandamento, l’otto settembre delle stalle. Adesso gli allevatori sono liberi di produrre, ma il prezzo è crollato e dall’estero muovono verso i caseifici padani colonne di cisterne cariche di latte a basso costo, capaci di sbaragliare la concorrenza locale. Gli industriali vanno a nozze. Sanno che il latte sotto casa è indispensabile per produrre dei buoni formaggi, ma possono sempre più contare sull’ausilio delle forniture straniere per abbattere il prezzo della materia prima.
SPALLE AL MURO. Gli allevatori si trovano con le spalle al muro, reagire o morire. Sfiancato da anni di guerra civile con i Cobas, il fronte sindacale lancia segnali di incoraggiamento, ma tiene le bandiere a distanza di sicurezza dalla mischia.
Così i quattro del silos decidono che bisogna per forza tentare la riscossa, primo obiettivo riunire le truppe e tenersi informati. Come? Con un gruppo su “whatsapp”, tecnologia a portata di mano, a costo zero. Un’arma che si rivelerà micidiale, ben oltre quanto in quel momento potessero loro stessi immaginare.
CASALEGGIO MANGIMISTA. Sul trattore di Rosso sale il mangimista Paolo Druetta, anch’egli di Scalenghe. E’ il Casaleggio della compagnia, prende lo smartphone e crea il gruppo “Tre litri di latte per un caffè”. Non può sapere che di lì a poco avrebbe fuso un telefonino ogni sei mesi.
Si organizza il primo incontro, a Macello, il 25 settembre. Vengono in 120, si decide che vanno coinvolti i Sindacati, lasciando fuori dalla porta la questione delle quote. L’esercito prende forma. All’appello del 13 ottobre a Vigone rispondono in 700, comprese le rappresentanze delle quattro organizzazioni agricole: Cia, Coldiretti, Confagricoltura e Copagri. A tutti viene richiesta una sorta di giuramento di appartenenza per abbattere la barriera del pregiudizio: guardare avanti e non indietro, dimenticarsi del passato. Chi non accetta è fuori dal gruppo.
SCONTRO APERTO. Tutto è pronto per la battaglia. Il 22 ottobre c’è l’incontro alla Gam di Torino con l’assessore regionale all’Agricoltura, Giorgio Ferrero, che convoca il tavolo con gli industriali il 31 ottobre. Ma il confronto non produce risultati e diventa scontro sfociando nella manifestazione, favorita dalla Cia, davanti alla Biraghi di Cavallermaggiore e a Lodi con le barricate di Coldiretti.
Si ottiene un primo accordo con Lactalis, la tensione si allenta, I promotori vogliono chiudere il gruppo whatsapp, ritenendo di aver raggiunto l’obiettivo della mobilitazione, ma gli allevatori si oppongono e il gruppo diventa una sorta di movimento spontaneo.
VACCHE IN MARCIA. La guerra per il prezzo del latte non è finita. Nel 2016, il 7 marzo la Cia organizza la “Marcia delle vacche” a Carmagnola, a ruota il rotocalco televisivo “Ballarò” rilancia il dibattito su scala nazionale collegandosi in diretta da una stalla di Scalenghe e il 1 aprile un allevatore di Saluzzo, per protesta contro le ridicole quotazioni del momento, versa il suo latte nella fossa dei liquami, davanti a decine di giornalisti e operatori del settore.
Sono momenti ad altissima tensione, il prezzo non sale, l’Europa vara un programma di incentivi per la rottamazione delle stalle, ma lo zoccolo duro degli allevatori resiste e il mercato inizia a mostrare qualche spiraglio di ripresa.
SIMULAIT. Il 25 aprile, a grande richiesta della base, si fonda l’associazione “Noi siamo voi Piemonte”, associazione no-profit che riesce a mettere insieme gli allevatori delle barricate con i rappresentanti dei sindacati e delle istituzioni. Presidente viene acclamato lo stesso Paolo Druetta, vicepresidente Gabriele Albera di Carignano. E dal cilindro magico del capitano spunta uno strumento destinato a cambiare per sempre l’approccio delle aziende con il mercato del latte: il “Simulait”. Un programma informatico che elabora i dati delle fatture dei singoli produttori, calcolando il prezzo medio del latte piemontese, sulla base di una griglia standard: grasso 3,88 pp, proteine 3,25 pp, cellule somatiche 300.000, carica batterica 30.000 e fascia di produzione a 20 quintali.
POTENZA DI FUOCO. Ogni allevatore può così confrontare il prezzo che percepisce con quello pagato dagli altri caseifici, in modo da potersi accomodare al tavolo della trattativa con ben altra coscienza e forza rispetto al passato. Anche perché le differenze tra il più “generoso” e il più “tirchio” dei caseifici, si sono scoperte parecchio consistenti, fino a decine di migliaia di euro all’anno per una stalla di media produzione.
Com’era prevedibile, il sistema viene duramente contestato dagli industriali, che però non riescono a metterlo fuori gioco. Anzi, il meccanismo si perfeziona ed ora, con “Simufatt”, il singolo allevatore riceve sul proprio telefonino la proiezione del prezzo non più riferita al latte standard, ma a quello della sua azienda, tagliando la testa al toro di ogni possibile “distinguo”.
ALLEVATORI COMBATTENTI. Grazie all’incessante impegno di tutti i “combattenti” del direttivo, “Noi siamo voi Piemonte” conta attualmente oltre 220 aziende produttrici di latte, principalmente dalle provincie di Torino e Cuneo, tutte collegate via “whatsapp”. Attraverso le fatture, inviate direttamente al telefonino del presidente Druetta, vengono puntualmente monitorati tutti i caseifici del Piemonte, più due della Lombardia. Un risultato inedito, frutto non “solo” della tecnologia e dell’estro creativo del Casaleggio delle stalle, ma anche della storica caduta del muro del silenzio che fin qui aveva protetto, in modo autolesionistico, i dati delle fatture delle singole aziende da latte.
SOPRAVVISSUTI. Una rivoluzione culturale, che apre nuovi scenari relazionali, ma che ha visto chiudere, falciate dalla crisi, ben 310 stalle soltanto nel 2017, riducendole cioè del 20 per cento. Oggi in Piemonte rimangono 1665 aziende da latte. Erano 1975 nel 2016 e ben 2500 nel 2014. In compenso, è salita a 17 quintali al giorno la produzione media per azienda. Il mercato non perdona, ma i sopravvissuti sono diventati più consapevoli e forti.
(Nella foto: Paolo Druetta festeggia la nascita di Simulait, estate 2016)