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I bilanci di mele e pesche come correre ai ripari


“Sono stati di recente pubblicati – informa Livio Pautassi, responsabile GIE frutta della Cia di Cuneo – i dati definitivi della produzione di mele per la stagione 2014.
 Lo ha fatto il Comitato marketing di Assomela, il Consorzio delle organizzazioni di produttori di mele italiani, che ha analizzato la situazione nel nostro Paese.
“Il volume di mele prodotte – osserva Pautasso – registra un aumento del 14,3% rispetto al totale 2013, come era in buona parte previsto considerata la stagione produttiva caratterizzata da una primavera favorevole all’impollinazione ed all’allegagione e da un’estate fresca, piovosa che ha favorito uno sviluppo regolare dei frutti, che hanno conseguito una ottima qualità in termini di gusto e colorazione.
Sempre da Assomela si è appreso che la produzione della Comunità Europea è stata altrettanto collocandosi attorno a 11.900.000 tonnellate. Un po’ meno positivo il prezzo al produttore legato al trend di vendita: se si conferma buona la domanda per le Gala non altrettanto si può dire per le Red Delicious, le Fuji e le Golden.
Le giacenze di mele sia in Italia che nella restante parte d’Europa, a fine 2014, risulta essere superiore del 12/14% rispetto alla stessa data del 2013.
La crisi di liquidità che sta interessando tutto il nostro Paese si fa sentire e, purtroppo il settore agricolo ancora una volta, finisce con il subire le speculazioni dello strapotere della grande distribuzione, la cui azione va a colpire chi produce e chi consuma. La colpa è anche dell’embargo decretato dalla Russia nei confronti dell’agroalimentare Ue (mele comprese), che determina seri contraccolpi. Si spera che le vendite almeno non calino in questi mesi, per cui buona parte delle giacenze potrebbe essere assorbita già nella primavera del 2015”.
La situazione è risultata di gran lunga peggiore per il comparto peschicolo. In un recente convegno nazionale il direttore del Centro Servizi Ortofrutticoli, Elisa Macchi, ha definito quello peschicolo il più disaggregato tra i comparti ortofrutticoli. Di conseguenza tutta la peschicoltura italiana è in affanno mentre altri paesi, come la Spagna, continuano a realizzare nuovi impianti diventando sempre più competitivi. La produzione di pesche e nettarine in Italia è rimasta sostanzialmente stazionaria a quota 1.485.000 tonnellate (+1% del 2013). Per garantire al settore un futuro – secondo la Macchi -occorre proseguire con determinazione nel miglioramento e nella razionalizzazione del panorama varietale in quanto al momento nella nostra penisola vengono coltivate ben 470 varietà e il panorama è molto disomogeneo sotto diversi aspetti.
“Il grosso problema – evidenzia Livio Pautassi – che deriva da questa situazione è quello dei prezzi di pesche e nettarine ai produttori, da troppi anni caratterizzati da livelli insufficienti a coprire i costi di produzione. Un problema che va affrontato decisamente una volta per tutte effettuando una vera e propria programmazione produttiva. Dobbiamo renderci conto che non si possono più produrre qualità poco affidabili, che finiscono con il danneggiare le produzioni di qualità elevata. Dobbiamo avere il coraggio di valutare quale percentuale di produzione con scarso calibro, colore e sapore va tolta dal mercato. E poi, certamente va ripensata la filiera della commercializzazione, eccessivamente frammentata, che di anno in anno perde sempre di più la competizione con la miglior organizzazione di altri Paesi, in primis di quella spagnola. C’è, inoltre, assoluto bisogno di una efficace comunicazione, di tempi veloci e di una politica capace”.