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“Ho lasciato la fabbrica per lavorare in montagna”


L’abitazione di Stefano domina dall’alto la frazione Robella, piccolo borgo rurale del Comune di Sanfront e consente, da lì, una visuale unica su parte della valle del Po. E’ qui che Stefano Fringuello, giovane agricoltore, ha deciso di vivere, condividendo la quotidianità con la moglie Laura, geometra con studio a Sanfront, e le figlie Sofia e Silvia di 9 e 4 anni, realizzando il suo sogno di dar vita ad un’azienda agricola.
Pur se la sua attività non ha origini antiche non affondando nelle radici giovani dei genitori o in quelle nodose dei nonni, Stefano è da sempre appassionato di agricoltura e di natura. Per questo si è diplomato agrotecnico all’Istituto di frutticoltura di Verzuolo e si è deciso di mettersi in gioco, e di investire, in questo settore dopo alcuni anni passati quale dipendente in un’importante industria saluzzese.
Pentito della decisione? “Assolutamente no- mi risponde prontamente Stefano- la possibilità che hai come imprenditore di fare delle scelte, anche sbagliando, è molto gratificante. Mi sono reso conto che quel lavoro in fabbrica aveva i suoi limiti e non mi consentiva di mettere a profitto la preparazione specifica che avevo conseguito in 5 anni di scuola superiore. Avevo voglia di sperimentare concretamente il rapporto, sano ed autentico, con la terra che avevo saggiato nelle lezioni di agronomia”.
“Avevo fatto tesoro- mi illustra Stefano – dei suggerimenti che, in particolare, mi aveva fornito il professor Del Grande su nuovi indirizzi colturali nelle zone montane pur avendo io solo un piccolo appezzamento di terreno di famiglia. Ed è proprio da qui che inizia la sfida con me stesso: mi impegno a curare in modo fruttuoso questo angolo di verde destinato inesorabilmente all’abbandono. E’ il triste risultato negativo che, in questi ultimi decenni, ha portato all’imboschimento spontaneo di molte zone marginali di montagna a scapito di un’attività agricola tradizionale, non più redditizia e troppo faticosa”
Grazie ai consigli dell’insegnante che, nel frattempo, aveva ricontattato, allo scambio di esperienze con produttori ed alla lettura di pubblicazioni specifiche del settore, la competenza e la professionalità di Stefano crescono insieme alle coltivazioni di mirtillo che ha avviato ed ha messo a dimora in terreni, in parte acquistati ed in parte affittati. Fino ad arrivare a coltivare 2.500 piante di questo arbusto ericaceo, esclusivamente di varietà “Duke”, interessante per la precocità nella maturazione, la buona dimensione, l’eccellente gusto e l’ottima conservabilità.
La conversazione con Stefano verte a lungo proprio sulle tecniche colturali nelle diverse stagioni e sui metodi di lotta da lui adottati che consentono la riduzione dell’impatto ambientale. Le pratiche utilizzate da Stefano sono strettamente connesse l’una con l’altra, interagenti e preventive, finalizzate a garantire la protezione delle risorse naturali; in questo modo si preserva non solo la salubrità del prodotto ma anche si esalta il suo sapore naturale, il tutto coadiuvato dalle particolari condizioni pedo-climatiche di un’area montana, come quella di Sanfront, che garantiscono risultati di elevata qualità.
“L’attività – spiega Stefano – è gestita interamente a livello familiare e, solo nel periodo di raccolta ( da giugno a luglio) mi aiutano i miei genitori e mi avvalgo della collaborazione di alcuni stagionali. Gli oltre 20 quintali annui di mirtilli prodotti vengono conferiti alla cooperativa “Blu di Valle” con sede operativa presso la Lagnasco Group, che ritira esclusivamente mirtilli e ramassin
(particolare varietà di susina tipica delle valli cuneesi) e provvede alla commercializzazione del prodotto dei 120 soci in tutta Europa”.
La chiacchierata mi fa conoscere uno Stefano capace di gestire proficuamente l’attività non solo a livello manageriale e commerciale ma anche per la sua creatività, il perfetto amalgama tra la padronanza tecnica della materia e l’azzardo avvincente tipico dell’imprenditoria giovanile, tesa alla realizzazione di progetti, ad esempio la trasformazione del prodotto in succo.
Riconosce l’importanza di far parte della Cia cuneese: “con il tecnico di zona, Matteo Gerbino, mi trovo spesso per avere informazioni su bandi di finanziamento, normative contributive, servizi amministrativi e di contabilità. Partecipo volentieri alle iniziative dell’Agia, di cui condivido le proposte di cui si fa portavoce nei confronti delle istituzioni affinché l’agricoltura possa diventare un terreno fertile per le capacità fresche e dinamiche di tanti giovani: più formazione, rilancio di ricerca e innovazione, snellimento di tempi e costi della burocrazia, più facile accesso al credito oltre che l’estensione della banda larga a tutte le zone rurali, a cominciare da quelle di montagna”.
Ma l’impegno di Stefano non si limita all’attività professionale, convinto com’è – giustamente – che per il rilancio dell’agricoltura montana sia importante valorizzare, parallelamente, l’attrattiva delle frazioni e dei comuni, far vivere la comunità valorizzandone le tipicità: prodotti, cibo, paesaggio ma anche cultura e tradizioni. Per questo fa parte del gruppo dei “sonador” del gruppo “I Balerin del bal vej” di Sanfront, virtuoso dell’organetto nelle musiche e danze occitane. “E’ importante – rileva Stefano – conoscere a trasmettere fra i paesani, i cittadini, i turisti, la cultura delle tradizioni antiche, la valenza sociale di aggregazione delle persone con le espressioni, visiva della danza, e sonora della musica, per mezzo delle quali ripercorrere i momenti di vita quotidiana del nostro passato contadino”.
L’incontro di Robella di Sanfront con Stefano, così come altri trascorsi con giovani imprenditori dell’Agia/Cia, si è rivelato foriero di scoperte sia dal punto di vista culturale che dal punto di vista squisitamente umano. Tutte accomunate da una generosa disponibilità a raccontarsi e da un’accogliente cordialità.

(nella foto: Stefano Fringuello)