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Gli allevamenti da latte non inquinano, però…


Gli allevamenti bovini, prima quelli da carne ed ora anche quelli da latte, sono entrati nel mirino degli ambientalisti, perché inquinerebbero. I dati sulle emissioni di CO2 del latte, forniti dagli ambientalisti, sono però quanto mai… ballerini. Circolano, infatti, cifre più disparate: il WWF ha stabilito che il dato delle emissioni del latte è di 0,17 kg di CO2 per ogni litro. Secondo la LAV è di 2,4 kg. Sull’argomento interviene Paolo Ambrogio, responsabile di zona Cia di Cuneo:
“Il Centro Ricerche Produzioni Animali di Reggio Emilia ha realizzato uno studio che affronta il problema ed in questi giorni sono usciti i primi dati. Non tutti gli allevamenti bovini da latte hanno una eguale emissione di azoto al campo e ciò non dipende dalla specializzazione e nemmeno dalla produttività delle bovine, ma dalla quantità di proteina della razione alimentare somministrata e dalla diversa efficienza di trasformazione. Sono infatti questi i due parametri che condizionano la quantità di azoto escreto per vacca. Si sono presi in considerazione allevamenti che producono latte destinato a diverse trasformazioni in regioni diverse: uno, destinato alla trasformazione in Grana Padano, con una razione per le vacche contenente circa il 16% di proteina sulla SS, con una produzione di 35 kg di latte/vacca in lattazione/giorno, ha un’emissione di azoto netto al campo di 95,6 kg/vacca/anno. Diverso il risultato in un altro allevamento che produce latte alimentare di alta qualità che, con una razione caratterizzata da un contenuto proteico di circa il 15% per le vacche in lattazione e una produzione media di 23 kg di latte/vacca in lattazione/giorno, ha un’emissione di azoto al campo di 78,5 kg/vacca/anno. Nel caso del primo allevamento, il progetto del CRPA sta dimostrando che riducendo la proteina alimentare nell’ambito di un bilanciamento della razione si possono ottenere uguali risultati produttivi diminuendo l’azoto escreto, con benefici in termini ambientali, ma anche economici. Comunque, anche nel caso dell’altra azienda, un intervento sulla razione che migliori l’efficienza di utilizzazione dell’azoto può essere utile per diminuire ulteriormente l’impatto ambientale dell’attività zootecnica, ma anche per consentire una gestione più elastica dei terreni disponibili per lo spandimento dei reflui. Il progetto ha come obiettivo la riduzione dell’inquinamento delle acque dovuto all’azoto di origine agricola attraverso l’introdurre delle migliori tecniche disponibili (MTD) nella pratica aziendale. Forniremo prossimamente ulteriori approfondimenti sul progetto”.