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Giù le mani dal tartufo d’Alba


“Francamente, con tutti i problemi che attanagliano l’agricoltura ed il sistema agroalimentare nazionale non riusciamo a capire perché nella bozza del piano nazionale di filiera in discussione venerdì prossimo a Bologna ci sia scritto che la disposizione della legge 752/85 consente di utilizzare come sinonimi del tuber magnatum Pico, tartufo bianco, tartufo d’Alba, tartufo del Piemonte, tartufo di Acqualagna, poiché la normativa attuale sarebbe inadeguata generando ingannevolezza circa l’origine o la provenienza di tartufi bianchi non piemontesi o marchigiani”.

Questo il commento della presidente di Coldiretti Cuneo e Piemonte Delia Revelli che ha aggiunto “Il nome scientifico tuber magnatum Pico, da sempre è sostituito dal tartufo bianco d’Alba che tradizionalmente rappresenta un brand di prodotto e di territorio conosciuto a livello nazionale. Di qui la richiesta affinché il ministero tuteli il tartufo bianco d’Alba ed eviti modifiche che rappresentano uno scippo d’identità di una produzione tipica albese che ha consentito alle nostre colline di Langa ed alla città di Alba di diventare momento di promozione del territorio”.

Aggiunge Bruno Rivarossa delegato confederale alla direzione di Coldiretti Cuneo: “La modifica della norma riservando le denominazioni volgari ‘tartufo pregiato bianco’ e ‘tartufo pregiato nero’ rappresenta l’evoluzione negativa di quanto andiamo sostenendo da tempo in pieno accordo con le amministrazioni e le istituzioni locali: anziché evitare inganni e speculazioni, facilita proprio questo dando uno schiaffo ad anni di intenso lavoro di promozione a danno delle tradizioni. Si facciano funzionare i controlli che sono già previsti, magari intensificandoli per evitare speculazioni a danno dei consumatori e della immagine del tartufo bianco d’Alba. Ma si eviti di creare una guerra di sinonimi che non appartengono alla nostra storia e alle nostre tradizioni.”

LA NORMATIVA FISCALE DEI TARTUFI
MODIFICATA DAL 1° GENNAIO 2017

A partire dal 1 gennaio 2017 entrano in vigore le disposizioni della legge europea 2015-2016, che hanno introdotto alcune modifiche alla disciplina fiscale dei raccoglitori occasionali di tartufi.
In particolare:

• è stato soppresso il regime speciale Iva applicabile agli acquisti da raccoglitori occasionali di tartufi non titolari di partita Iva, per cui l’acquirente, soggetto passivo Iva, doveva emettere autofattura senza detrarre la relativa Iva;

• sono stati dispensati dagli obblighi contabili i soli raccoglitori occasionali e non più i raccoglitori dilettanti;
In materia di imposte dirette viene introdotto un nuovo regime di tassazione applicabile ai raccoglitori occasionali (art. 25 quater D.P.R. 600/1973). In particolare per le cessioni di tartufi effettuate a partire dal 1o Gennaio 2017, alle somme corrisposte a raccoglitori occasionali, i soggetti che rivestono la qualifica di sostituto di imposta devono operare una ritenuta alla fonte:

• sull’ammontare del corrispettivo pagato ridotto del 22% a titolo di deduzione forfettaria delle spese;

• la ritenuta è a titolo di imposta (definitiva) con aliquota pari al primo scaglione IRPEF, attualmente 23%;

• con obbligo di rivalsa.

Con risoluzione del 28 dicembre 2016 l’Agenzia delle Entrate ha previsto che per il versamento della citata ritenuta, mediante il modello F24, i sostituti d’imposta utilizzeranno il codice tributo “1040”, già in uso per il versamento delle ritenute sui redditi di lavoro autonomo e compensi per l’esercizio di arti e professioni.
Inoltre l’aliquota Iva applicabile da parte dei soggetti in contabilità, relativa alle cessioni di “tartufi freschi, refrigerati o presentati immersi in acqua salata, solforata o addizionata di altre sostanze atte ad assicurarne temporaneamente la conservazione, ma non specialmente preparati per il consumo immediato” passa da quella ordinaria, attualmente del 22%, a quella ridotta del 10% (la legge europea ha introdotto la voce 20 bis all’interno della Tabella A, Parte III, del D.P.R. 633/1972).