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Formazione agroalimentare nuova frontiera dei giovani


L’indirizzo considerato più difficile da reperire tra i diplomati nel 2013 è quello agrario-alimentare dove addirittura per il 32,5 per cento delle assunzioni programmate ci sono imprese che hanno difficoltà a reperire personale adeguato.
E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Excelsior di Uniocamere che conferma la grande dinamicità dell’agroalimentare in questo momento di crisi e di crescenti difficoltà sul versante dell’occupazione. Le difficoltà delle imprese ad individuare diplomati nell’agroalimentare da assumere sembrano – sottolinea la Coldiretti – determinate prevalentemente da un deficit in termini di formazione ed esperienza ma anche di aspettative con le offerte delle imprese che non corrispondono pienamente ai desiderata del candidato.
La tendenza in atto è confermata dal fatto che quest’anno – sottolinea la Coldiretti – gli iscritti al primo anno delle scuole secondarie che hanno optato per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera, sono stati 46.636, mentre sono salite a 13.378 quelle agli Istituti professionali e tecnici di agraria. Quasi uno studente neoiscritto alle scuole superiori su 10 ha scelto gli Istituti professionali dedicati all’enogastronomia e all’attività alberghiera per i quali negli ultimi anni – continua la Coldiretti – si è registrata una escalation senza freni tanto che oggi rappresentano oltre il 9 per cento del totale dei 515.807 giovani iscritti al primo anno delle scuole secondarie.
Numeri che testimoniano una vera rivoluzione culturale, confermata anche dai risultati di un sondaggio Coldiretti/Ixe’ secondo il quale il 54 per cento dei giovani oggi preferirebbe gestire un agriturismo piuttosto che lavorare in una multinazionale (21 per cento) o fare l’impiegato in banca (13 per cento). Ed anche che il 50 per cento degli italiani ritengono che cuoco e agricoltore siano le professioni con la maggiore possibilità di lavoro mentre solo l’11 per cento ritiene che l’operaio possa avere sbocchi occupazionali.
I giovani – conclude la Coldiretti – hanno visto prima e meglio di altri dove ci sono reali prospettive e di fiducia per l’Italia che per crescere deve tornare a fare l’Italia e puntare su quegli asset di distintività nazionale che garantiscono un valore aggiunto nella competizione globale come il territorio, il turismo, la cultura, l’arte, il cibo e la cucina.