Effetto serra e agricoltura come ridurre le emissioni
e finalizzato all’analisi di diverse opzioni di mitigazione delle emissioni di gas
ad effetto serra da applicare in alcune produzioni zootecniche. Ecco come è stata
quantificata l’impronta carbonica delle principali filiere zootecniche del nostro Paese
Si è svolto il 29 maggio a Cuneo nella sede della Cia provinciale, in piazza Galimberti 1, un incontro formativo con gli allevatori nell’ambito della ricerca “scenari di cambiamenti climatici per gli allevamenti italiani”, progetto finanziato dal Ministero per le Politiche Agricole e finalizzato all’analisi di diverse opzioni di mitigazione delle emissioni di gas ad effetto serra da applicare in alcune produzioni zootecniche. Presenti ai lavori il direttore regionale della Cia, Giovanni Cardone ed il direttore provinciale Igor Varrone.
“Il progetto – ha informato nell’introduzione al convegno il vicepresidente della Cia regionale, Gabriele Carenini nel presentare l’appuntamento di Cuneo – si inserisce nell’ambito del programma di assistenza tecnica alle aziende associate alla Cia per la diffusione della conoscenza tra gli operatori del settore delle nuove strategie per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, in sinergia con gli obiettivi di tutela ambientale e salvaguardia della biodiversità della nuova Politica Agricola Comunitaria”.
L’iniziativa cuneese, fortemente caldeggiata dal responsabile nazionale del GIE (Gruppo di Interesse Economico)- settore zootecnico della Cia, il centallese Renato Silvestro, ha visto la partecipazione di allevatori dei vari comparti zootecnici e di tecnici agrari. Relatori sono stati Adele Vinci Consiglio, del Centro nazionale per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria e Stefano Pignedoli del Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA).
“L’aumento dei cosiddetti “gas a effetto serra” nell’atmosfera – hanno rilevato i relatori – è uno dei principali responsabili del riscaldamento globale. Il fenomeno, che si è intensificato rapidamente dal XIX secolo, è dovuto soprattutto all’attività umana. La consapevolezza del problema ha spinto la politica internazionale all’adozione del Protocollo di Kyoto che prevede l’obbligo di operare, nel periodo 2008-2020, una riduzione delle emissioni di elementi inquinanti in una misura non inferiore all’8% rispetto alle emissioni del 1990, considerato come anno base. La Comunità europea ha approvato il pacchetto “clima-energia”, conosciuto come “strategia 20-20-20” che prevede entro il 2020: il taglio delle emissioni di gas effetto serra del 20%, la riduzione del consumo di energia del 20%, il 20% del consumo energetico europeo totale da fonti rinnovabili. L’agricoltura, in particolare la zootecnia, a livello mondiale contribuisce per il 12,5% all’emissione di gas serra (soprattutto metano e ammoniaca), mentre in Italia ha superato il 7% del totale nazionale, seconda dopo il settore energetico.
I principali gas serra emessi dalle produzioni agricole sono:
1. metano (CH4), che deriva dai processi di fermentazione enterica e dai processi di trasformazione (in particolare anaerobica) che avvengono nelle deiezioni;
2. protossido di azoto (N2O) che deriva da processi di nitrificazione-denitrificazione che avvengono nel suolo e dai sistemi di gestione delle deiezioni;
3. anidride carbonica (CO2) che deriva dai processi di combustione.
Il protossido di azoto è un gas serra 298 volte più potente della CO2, il metano 25 volte, pertanto sono questi i fattori di moltiplicazione utilizzati per convertire le emissioni di N2O e di CH4 in corrispondenti unità di CO2-equivalente (CO2-eq), che è l’unità di misura per esprimere l’impronta del carbonio.
Con impronta del carbonio si intende la somma di tutte le emissioni di gas serra associate a un prodotto in tutto il suo ciclo di vita (“dalla culla alla tomba”). Devono quindi essere prese in considerazione le emissioni dovute alla produzione di tutti gli input alla azienda produttrice (ad esempio: mangimi, fertilizzanti, fitofarmaci e pesticidi, sementi, lettiere, detergenti e sanificanti, ma anche animali in ingresso), quelle che avvengono in azienda (per i processi digestivi nel caso dei bovini, per la gestione degli effluenti, per la produzione delle colture, per i consumi energetici e idrici, etc.) e quelle che avvengono a valle dell’azienda nei processi di trasformazione e commercializzazione del prodotto.
Lo studio è stato finalizzato a quantificare l’impronta carbonica delle principali filiere zootecniche del nostro paese, ossia:
• bovino da latte per la produzione di latte alimentare
• bovino da latte per la produzione di formaggio Parmigiano-Reggiano;
• bovino da carne (allevamenti da ingrasso);
• suino pesante;
• pollo da carne;
• gallina ovaiola.
Per ciascuna filiera sono state individuate delle “aziende tipo”, definendone le principali caratteristiche: localizzazione, dimensione aziendale, produttività, modalità di stabulazione e di gestione degli effluenti, superfici aziendali, rotazioni colturali, quota di autosufficienza nella produzione degli alimenti. Poi, è stata presa un’unità di prodotto di riferimento, ossia: 1 kg di latte per le aziende bovine da latte, 1 kg di carne (peso vivo) per le aziende bovine, suinicole e avicole, 1 kg di uova intere per le aziende avicole da uova.
I risultati evidenziano come l’elemento più determinante nel ridurre l’impronta carbonica sia la elevata produttività aziendale, un esito facilmente comprensibile dal momento che questa è rapportata all’unità di prodotto.
In generale, è emerso che l’adozione di tecniche e pratiche più efficienti è la chiave per la riduzione dell’impronta del carbonio delle produzioni agrozootecniche: dalla riduzione delle emissioni enteriche (ruminanti) a quella dell’apporto proteico della razione; dalla gestione delle deiezioni all’ottimizzazione delle fertilizzazioni, dalle misure per la produzione e il risparmio di energia a quelle per il sequestro del Carbonio”.
“La Cia di Cuneo – ha rilevato, al termine del dibattito dopo le relazioni, il responsabile GIE nazionale zootecnico Renato Silvestro – a cominciare da questo incontro, intende coinvolgere alcune aziende a scopo dimostrativo per facilitare il trasferimento delle conoscenze anche in altre zone della provincia ed è impegnata ad aumentare la consapevolezza degli operatori di settore sull’influenza del management sulle emissioni in atmosfera. Infine svolgerà degli incontri con enti locali ed istituzioni al fine di sensibilizzarle sull’importanza di contribuire all’adozione di specifiche linee guida in campo ambientale”.