E il “pan de Toni” diventò panettone
Il Natale era definito “il giorno del pane” ed è per questo motivo che durante le feste si consumano dolci a base di farina. Quest’usanza era già praticata nell’antica Roma durante i festeggiamenti per il Natalis Solis Invicti, confezionando le sacre frittelle di farinata.
Con l’avvento del cristianesimo, quei pani vennero interpretati come simbolo di Gesù che aveva detto “Io sono il pane della vita; chi viene da me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete, io sono il pane della vita”.
IL PANE DELLA VIGILIA. Una tradizione ancora in uso attualmente tra le nostre famiglie contadine, è quella di far cuocere nella notte santa alcune pagnotte, che dovrebbero rimanere intatte fino all’anno prossimo, cioè senza ammuffire. Il giorno di Natale se ne dava una fettina ad ogni mucca, gli avanzi si riponevano con cura nella credenza e venivano impiegati per far guarire le bestie ammalate.
In caso di annegamento, infine, si buttava un pezzo di questo pane “miracoloso” nell’acqua in cui era avvenuta la disgrazia e questo si posava sul punto in cui, sotto, giaceva lo sventurato.
LA LEGGENDA DEL PANETTONE. Alla vigilia del Natale del 1386, a Milano, i cuochi degli Sforza stavano preparando il gran cenone e nel forno stava già cuocendo un enorme dolce con il quale si sarebbe concluso il sontuoso banchetto. Ad un tratto il cuoco si accorse che il suo dolce stava bruciando ed era diventato tutto abbrustolito. Fortunatamente, il suo aiutante Toni, un giovane sveglio e fantasioso, ebbe un’idea geniale. Prese dalla madia una parte della pasta di pane messa a lievitare, vi aggiunse i resti dei canditi usati per il ripieno delle carni, cioè uvetta, cedro, qualche spezia e ne ricavò una sorta di focaccina, che dopo pochi minuti di forno caldissimo si rivelò un profumatissimo pane dolce.
Il successo fu tale che lo si battezzò Pan de Toni, nome che con il tempo si trasformò in “panettone”.
(da: “L’Imprenditore agricolo”)