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Crisi della frutta,  raccontiamola giusta


Nuova stagione di crisi per la frutta estiva. Le pesche e le nettarine vengono attualmente pagate ai produttori un prezzo che oscilla tra 0,20 e 0,25 euro al chilo, mentre per le susine il prezzo al produttore non supera i 25 centesimi. E non è andata meglio per le albicocche, altra produzione estiva presente in abbondanza in questi mesi sulle tavole degli italiani e che ha sofferto al pari delle altre di una caduta insostenibile dei prezzi.

Ma i consumatori pagano la stessa frutta dieci volte di più. Il valore aggiunto rimane quasi tutto nella catena distributiva. Mentre nel settore industriale è il produttore a indicare al compratore il prezzo, in agricoltura avviene il contrario. È il compratore a dire al produttore a quanto deve vendere la sua merce.

Le catene della grande distribuzione organizzata, attraverso cui passa circa il 75 per cento degli acquisti alimentari, fanno sempre più dell’abbassamento dei prezzi al consumatore il principale elemento della propria strategia di marketing, ma per non scalfire i propri margini di guadagno si rifanno sui fornitori agricoli, imponendo loro la sottoscrizione di condizioni contrattuali inique.

A ciò si aggiungono i ritardi nei pagamenti, che costringono i fornitori ad ulteriori esposizioni debitorie con le banche. Il concetto di ‘fair trade’ pare assai lontano da questa realtà.

Gli agricoltori, per sopravvivere, cadono talvolta nella tentazione, sbagliando, di ricorrere al lavoro sottopagato ed al caporalato. Ma non è esagerato affermare che il caporale rischia di essere metaforicamente e indirettamente anche la stessa gdo quando non garantisce a chi produce una remunerazione equa, che consenta di sostenere i costi di produzione e della regolare assunzione della manodopera.

Il caporalato è un fenomeno inaccettabile. Attorno al caporalato ruotano gli interessi di organizzazioni criminali, con un drammatico corollario di violenze, ricatti, abusi, ma è necessario allargare lo sguardo e analizzare anche i meccanismi che generano il caporalato e lo sfruttamento.

Sconfiggere il lavoro nero ed il caporalato è doveroso, ma in parallelo é indispensabile fare un ragionamento sui prezzi dei prodotti agricoli, sui costi di produzione e su ciò che si deve riconoscere ai produttori. L’iniqua distribuzione del valore lungo la filiera a danno degli agricoltori alimenta la catena dello sfruttamento, per spezzare la quale va aperto un confronto serio su costi di produzione e prezzi.

Un approccio puramente repressivo al lavoro nero ed al caporalato rischia di essere poco efficace. Per combattere il lavoro nero ed il caporalato occorre affrontare con decisione anche il vecchio e mai risolto problema degli ingiustificabili squilibri all’interno delle filiere.

Fino a quando continueremo a guardare esclusivamente ai campi dello sfruttamento ed alle tendopoli dei migranti, fino a quando le telecamere non racconteranno la vera storia dei prodotti agricoli dal campo alla tavola, sarà difficile trovare la soluzione a situazioni deprecabili in cui gli agricoltori si trovano invischiati non sempre per libera scelta, come quella del lavoro nero.

(Fonte: Cia Piemonte)