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Colpo di scena sulle quote latte


Colpo di scena sul fronte delle quote latte. La giudice per le indagini preliminari di Roma, Giulia Proto, ha chiesto alla Procura di valutare l’apertura di una nuova inchiesta a carico dei funzionari dell’Agenzia ministeriale per le erogazioni in agricoltura (Agea), ipotizzando a loro carico il reato di falso in atto pubblico.
Il sospetto, in sostanza, è che i dati su cui si sono basati da quasi vent’anni i calcoli per stabilire la produzione di latte in Italia e, di conseguenza, le multe ai danni di chi sforava la produzione consentita, siano falsi. Non si tratterebbe, tra l’altro, di un errore di scarsa entità, in quanto metterebbe in discussione almeno il 20 per cento del parco bovino da latte italiano. Si stima circa 300 mila capi in più, frutto di un algoritmo che i funzionari dell’Agea avrebbero “modificato” per coprire gli errori nel calcolo dei capi potenzialmente da latte.
«Dopo sedici anni – commenta il leader dei Cobas del latte, Antonino Bedino – viene alla luce quello che abbiamo sempre sostenuto, e cioè che in Italia non ci sia mai stato il numero sufficiente di vacche per mungere tutto quel latte. Le quote, in realtà, non sono mai state superate, mentre è evidente che c’è stato l’interesse a dimostrare il contrario. Adesso ci sono solo due cose da fare: chiedere che la riscossione delle multe venga sospesa e che si rimborsino coloro che le hanno fin qui pagate. I danni causati dal sistema sono immensi, non possiamo permettere che se ne producano altri».
Nel 2010 era stata l’informativa inviata alla Procura di Roma dal colonnello dei Carabinieri Marco Paolo Mantile, a concludere che i dati forniti dall’Agea sui capi in produzione sarebbero stati falsi e che non erano state revocate le quote a chi le deteneva senza produrre latte.
In particolare, se l’algoritmo usato in origine prendeva in considerazione l’età dell’animale tra i 24 e i 120 mesi, successivamente risultò che il meccanismo portò il limite massimo da 120 a 999 mesi, con vacche che potevano quindi “vantare” sulla carta fino a 82 anni di età. Ciò avvenne, secondo il Gip di Roma, “per espressa richiesta dei funzionari di Agea, con l’evidente fine di giustificare il dato in eccesso che aveva determinato le sanzioni”.
La nuova inchiesta, quindi, riporta la questione delle quote latte alla temperatura di ebollizione. Sarà decisivo appurare la veridicità dei dati di base del sistema, per capire se (e di quanto) le quote siano state superate. In gioco c’è stato e c’è il destino di migliaia di stalle, a cominciare da quelle che hanno comprato e affittato quote, oppure pagato le multe. Senza contare chi ha dovuto gettare la spugna, perché non ce l’avrebbe mai fatta ad investire per rimanere nelle quote. Una vicenda che ha lacerato il cuore pulsante della zootecnia da latte italiana.

(nella foto: Antonino Bedino)