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Cia: rottamare le stalle? Proposta molto discutibile


Manca una settimana alla scadenza di fine febbraio dell’accordo trimestrale sul prezzo del latte alla stalla da 36 centesimi il litro, e le prospettive sono affatto buone.
Dal primo marzo il prezzo del latte, scrive il Sole 24 Ore, potrebbe drammaticamente passare da 36 a meno di 34 centesimi il litro.

L’indicizzazione é ancora in cantiere, ma anche qualora parametri di riferimento proposti – prodotti a medio-bassa stagionatura, prodotti a elevata stagionatura, prodotti esteri, input (costi) di produzione – dovessero essere fatti valere, il prezzo del latte finirebbe con l’attestarsi sotto il valore di novembre, perché tutti i parametri segnano più o meno ribassi, a eccezione dei prodotti a lunga stagionatura.
Le industrie di trasformazione stanno mettendo le mani avanti, forti anche del fatto che in questo periodo sul mercato europeo c’è una elevata quantità di materia prima (2,7 milioni di tonnellate in più a fine 2015 rispetto a dicembre 2014).

Molte industrie di trasformazione stanno pensando di contrattare il nuovo accordo con i singoli allevatori, proponendo in taluni casi contratti capestro, contenenti clausole inaccettabili. Si teme anche che in Piemonte alcune partite di latte possano rimanere senza collocazione.

Prima che la situazione degeneri, sarebbe necessaria, come ha chiesto la Cia del Piemonte, una nuova convocazione del tavolo ministeriale della filiera lattiero–casearia italiana. Bisogna al più presto raggiungere un prezzo del latte adeguato e che dia certezze ai produttori.

La proposta, che qualche organizzazione avanza, di un piano di incentivazione alla dismissione volontaria di una quota di allevamenti da latte, associato ad un impegno di abbandono della produzione lattiera per un periodo non inferiore a dieci anni, é molto discutibile perché potrebbe avere due effetti negativi. Primo, un aumento delle importazioni. Secondo un colpo mortale agli allevamenti di montagna. Il 55% delle aziende, per lo più di piccole dimensioni, si concentra nelle aree montane e svantaggiate. La metà ha meno di 15 capi e non arriva a 100 tonnellate di produzione. Queste stalle rischierebbero di scomparire, mentre sono un importante presidio per territorio. Solo il 9% delle stalle In Italia ha più di 115 capi e supera le mille tonnellate.

La Cia del Piemonte farà tutto il possibile, non escludendo azioni di lotta, perché sia garantito un prezzo del latte almeno remunerativo dei costi di produzione. In gioco c’è la sopravvivenza di molte aziende e il destino economico di migliaia di lavoratori e di famiglie. Il Piemonte rischia di perdere molte stalle e gran parte della produzione di latte.

(Fonte: Cia Piemonte)