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Ceta, a conti fatti l’accordo con il Canada piace a Cia e Confagricoltura, ma non alla Coldiretti


Il Ministro per lo Sviluppo economico Luigi Di Maio ha annunciato che la maggioranza di governo non ratificherà il Ceta (l’accordo commerciale tra Ue e Canada), che é in esecuzione provvisoria dal 21 settembre 2017, in attesa che i Parlamenti nazionali si pronuncino. Ma corrisponde davvero agli interessi dell’Italia e dell’agroalimentare italiano dire no al Ceta e di conseguenza reintrodurre i dazi doganali?

CIA: IL CETA E’ UN’OPPORTUNITA’ DA COGLIERE

Cia Piemonte riferisce che i dati del 1°quadrimestre 2018, diffusi dall’Ice Toronto, calcolati rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, danno il valore dell’export italiano diretto in Canada in sensibile crescita con un +11%, corrispondente ad un aumento del valore delle esportazioni da 2,4 a 2,7 miliardi di dollari canadesi. Il dato è la sintesi di un sostanziale aumento dell’export in tutti i settori, compreso l’agroalimentare che, da settembre 2017 a febbraio 2018, ha fatto registrare un +14%. “Questi numeri – osserva il presidente di Cia Piemonte, Gabriele Carenini – contraddicono gran parte della narrazione anti-CETA, che si basa su teorie non confermate da alcuna evidenza.  Nello stesso primo quadrimestre 2018 il valore economico delle esportazioni del Canada verso l’Italia è stato di 892 milioni dollari canadesi, estremamente inferiore al valore delle esportazioni italiane. Di fatto il Canada ricopre un ruolo di importatore netto nei confronti dell’Italia”.

Inoltre, con il riconoscimento di 41 indicazioni geografiche e denominazioni di origine (corrispondenti al 90% del valore totale delle IGP e delle DOP italiane esportate in Canada), molti prodotti dell’eccellenza italiana possono ora essere presenti a pieno titolo e con la dignità che meritano negli scaffali canadesi. Grazie al CETA, infatti, é stato messo fine al precedente divieto di commercializzare indicazioni geografiche o denominazioni di origine europee in Canada se già registrate come marchio in tale Paese.

È il caso per esempio del nostro Prosciutto di Parma, che prima dell’accordo era già presente in Canada, ma da molti anni era venduto con i nomi “The Original Prosciutto” e “Le Jambon Original” e non poteva riportare l’indicazione Parma perché il marchio “Parma Ham” era già stato registrato.

E’ vero che l’accordo fa salva la possibilità per le aziende canadesi di utilizzare o di registrare in Canada un marchio contenente alcuni termini particolari tra cui “Parmesan”, ma non sarà più possibile per le aziende canadesi fare uso sulle confezioni di immagini che facciano esplicito o indiretto riferimento all’Italia, poiché è previsto che tale uso debba necessariamente non indurre in errore il consumatore quanto all’origine geografica dei prodotti.

Il trattato contiene inoltre una chiarissima clausola che impedisce l’import di prodotti che non rispettano gli standard di sicurezza europei. Quanto al grano, dal 2014, ben prima che il Ceta entrasse in vigore, sono operativi accordi che aboliscono totalmente i dazi per l’importazione di grano duro e tenero di qualità, cioè non trattati con il glifosato. Da rilevare, infine, che nel primo quadrimestre 2018 si é registrata una sensibile riduzione delle importazioni di grano canadese del 47% per il frumento tenero e del 91% per il frumento duro.

“Per il resto – osserva ancora Carenini – il CETA è un accordo ancora “aperto” che in pochissimi mesi dall’entrata in vigore ha visto l’Italia già beneficiaria dei vantaggi maggiori. In un momento di profonda crisi del multilateralismo, dove dazi, innalzamento di barriere e ostacoli al commercio internazionale la fanno da padrone gli accordi bilaterali, se ben gestiti e governati, rappresentano un’opportunità da cogliere, non da respingere. Non é un caso che chi si é opposto più fermamente al TTIP, il trattato tra Ue ed Usa, sia stato proprio il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, per difendere le aziende alimentari americane che producono le imitazioni dei prodotti italiani”.

 

COLDIRETTI: IL CETA E’ UN GRAVE DANNO PER IL VINO

Coldiretti, invece, sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero nel primi quattro mesi dell’anno pone l’accento sul calo del 4% delle bottiglie di vino Made in Italy esportate in Canada nel primo quadrimestre del 2018 rispetto al quello dell’anno precedente, dopo l’entrata in vigore dell’accordo Ceta il 21 settembre 2017.

Con il Ceta si è verificata – sottolinea la Coldiretti – una brusca inversione di tendenza rispetto allo stesso periodo dello scorso anno quando le bottiglie esportate erano aumentate del 15%. Il vino – sottolinea la Coldiretti – è il prodotto agroalimentare italiano piu’ venduto nel Paese nordamericano dove rappresenta oltre 1/3 del valore totale dell’export. L’accordo di libero scambio con il Canada (Ceta) – denuncia la Coldiretti – non protegge dalle imitazioni dall’Amarone all’Ortrugo dei Colli Piacentini insieme a molti altri vini e non prevede nessun limite per i wine kit che promettono di produrre in poche settimane le etichette piu’ prestigiose dei vini italiani, dal Chianti al Valpolicella, dal Barolo al Verdicchio che il Canada produce ed esporta in grandi quantità in tutto il mondo.

L’intesa raggiunta con il Canada, sebbene abbia mantenuto l’accordo siglato nel 2003, non ha previsto – precisa la Coldiretti – l’aggiornamento dell’elenco con le denominazioni nate successivamente. E pertanto non trovano al momento tutela importanti vini quali l’Amarone, il Recioto e il Ripasso della Valpolicella, il Friularo di Bagnoli, il Cannellino di Frascati, il Fiori d’arancio dei Colli Euganei, il Buttafuoco e il Sangue di Giuda dell’Oltrepo’ Pavese, la Falanghina del Sannio, il Gutturnio e l’Ortrugo dei Colli Piacentini, la Tintillia del Molise, il Grechetto di Todi, il Vin santo di Carmignano, le Doc Venezia, Roma, Valtenesi, Terredeiforti, Valdarno di Sopra, Terre di Cosenza, Tullum, Spoleto, Tavoliere delle Puglie, Terre d’Otranto. La mancata protezione delle denominazioni di vino italiane nei diversi Paesi non solo rischia di favorire l’usurpazione da parte dei produttori locali ma – conclude la Coldiretti – favorisce anche l’arrivo su quei mercati di prodotti di imitazione realizzati altrove.

 

CONFAGRICOLTURA: CETA, A CONTI FATTI CI STIAMO GUADAGNANDO

“Confagricoltura è favorevole al CETA e agli accordi internazionali di libero scambio, sottolineando che è indispensabile un’intensa attività di vigilanza e controllo da parte della Commissione europea, anche tramite valutazioni di impatto periodiche”.

Lo ribadisce Enrico Allasia, presidente di Confagricoltura Cuneo e Piemonte, intervenendo sul dibattito in merito alla ratifica dell’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e il Canada.

Confagricoltura porta l’esempio di alcuni dati riferiti alla provincia di Cuneo. L’export cuneese (verso il Canada) di prodotti dell’agricoltura non trasformati, seppur modesto, vale dai 4 ai 6 milioni di euro all’anno. Se passiamo invece ai prodotti agroalimentari vediamo che la voce “bevande” che comprende i nostri vini, rappresenta una voce più significativa: nel 2017 l’export verso il Canada ha raggiunto quota 22,5 milioni di euro, in crescita rispetto ai 20,8 milioni del 2016. Complessivamente le esportazioni agricole e agroalimentari rappresentano un valore (provvisorio 2017) di 53,4 milioni, in sensibile crescita rispetto ai 42,2 milioni del 2016. Per contro, le importazioni cuneesi dal Canada nel 2017 (dati provvisori) tra prodotti dell’agricoltura e dell’agroalimentare valgono 1,7 milioni di euro. “La bilancia commerciale – commenta Enrico Allasia – è perciò decisamente a favore del nostro territorio e l’azzeramento dei dazi doganali e il riconoscimento delle denominazioni come garanzia di qualità, per fare solo due esempi, non potranno che ampliare il nostro export, in particolare di formaggi, su un mercato importante”.

Sul fronte dell’import – precisa Confagricoltura Piemonte – non ci sono rischi neanche per il nostro “Made in Italy”. Le produzioni lattiero casearie prodotte e commercializzate in Italia devono indicare l’origine della materia prima: il latte. Così un formaggio fatto in Italia con latte canadese deve riportare la dizione “da latte prodotto in Canada”, o qualcosa di similare.

Per quanto riguarda il vino, il Ceta prevede l’abbattimento graduale di tutte le barriere tariffarie (i “dazi”) che ancora oggi si frappongono all’export di vino dell’UE. Non solo, l’accordo prevede la rimozione di barriere non tariffarie alla commercializzazione del vino e l’incorporazione dell’accordo specifico già in vigore, ovvero una razionalizzazione delle regole che riguardano il settore.

Agrinsieme – il coordinamento di Cia, Confagricoltura, Copagri e dalle centrali cooperative Confcooperative FedAgriPesca, Legacoop Agroalimentare e Agci Agrital, che rappresenta oltre i 2/3 delle aziende agricole italiane, il 60% del valore della produzione agricola e della superficie nazionale coltivata, oltre 800 mila persone occupate nelle imprese rappresentate – ha chiesto al Governo “di valutare con la dovuta e necessaria attenzione gli effetti derivanti dalla mancata ratifica di un importante accordo con una delle sette grandi economie del mondo”.

Il Made in Italy nel mondo è già apprezzato e riconosciuto e l’adozione di accordi che tutelano maggiormente le nostre produzioni rappresenta un’ulteriore opportunità di crescita.  Bisogna “pesare” i mercati anche per il loro valore economico e strategico: nel 2016 l’export totale dall’Italia al Canada valeva 3.650,1 milioni di euro, di cui il 21,05% (767 milioni) proveniente dal comparto agricolo ed agroalimentare; l’import totale è stato di 1.446,5 milioni di euro, di cui il 31,64% agricolo e agroalimentare. Nel 2017 – dati provvisori – l’export totale, in aumento sul 2016, ha raggiunto quota di 3.936 milioni di euro, di cui 811 milioni provenienti dal comparto agricolo e agroalimentare.