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C’è bisogno di burro, il Piemonte può aprire nuove filiere


Continua ad aumentare la richiesta del burro con una impennata dei consumi che sta mettendo a rischio le forniture sia familiari sia alle industrie dolciarie, principali utilizzatrici. Un andamento che si riflette un po’ ovunque a livello internazionale dove si assiste ad un aumento delle domanda con i consumi di burro che sono cresciuti del 7% negli Stati Uniti, del 5% in Argentina e del 4% in Asia come in Australia, nel primo trimestre del 2017 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, secondo analisi della Coldiretti su dati Clal.

Negli ultimi mesi trend in rialzo anche dei prezzi: il burro di centrifuga, sulla piazza di Milano, è quotato a 6,38 euro rispetto a gennaio quando il prezzo si attestava sui 4 euro.

“Una situazione che si sta verificando anche nella nostra regione in seguito al ridotto consumo dell’olio di palma le cui importazioni per uso alimentare sono diminuite in Italia del 20% – spiegano Delia Revelli presidente di Coldiretti Piemonte e Bruno Rivarossa delegato confederale -. Sicuramente tale riposizionamento del burro è dovuto anche all’entrata in vigore, lo scorso 16 ottobre, dell’obbligo di indicare in etichetta la provenienza per il latte Uht e tutti i suoi derivati, consentendo ai consumatori di scegliere consapevolmente. In Piemonte, dove il comparto lattiero-caseario registra una produzione lorda vendibile di 390 milioni, conta 2000 aziende produttrici con circa 8000 addetti e 51 specialità di formaggi, oltre all’unica unità produttiva italiana di polvere di latte, vanno incentivati gli accordi di filiera coinvolgendo l’industria di trasformazione, soprattutto dolciaria largamente presente sul nostro territorio regionale, per far sì che quest’ultima possa utilizzare esclusivamente, oltre alla polvere di latte, anche il burro 100% Made in Italy ed in Piemonte, anziché acquistarlo interamente nel nord Europa”.

“Ribadiamo – concludono Revelli e Rivarossa – la nostra disponibilità ad intraprendere nuovi percorsi sperimentali per trovare prodotti che vadano a sostituire l’olio di palma e che creino un’alternativa al burro vista la carestia, oltre che per dare un impulso all’economia del nostro territorio”.