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Carne suina, le condizioni per uscire dalla crisi


L’altissima qualità del comparto suinicolo cuneese rischia definitivamente di non essere più riconosciuta per via di un mercato che premia sempre di più prodotti stranieri. La produzione italiana punta sull’allevamento qualitativo di suini pesanti, ma ciò comporta costi di energia elettrica e di alimentazione, ad esempio, nettamente più alti rispetto ai principali concorrenti dell’Unione europea. A tutto questo si sommano incombenze burocratiche e obblighi che costringono molte aziende a lavorare in perdita. Complice anche il crollo dei prezzi sul mercato, il comparto non riesce ad uscire da una crisi ormai stagnante. Confagricoltura Cuneo si appella al Ministero affinché si impegni a valorizzare maggiormente tutti i tagli di carne suinicola italiana.
“Lavoriamo in perdita, è inutile nasconderlo – afferma Roberto Barge, presidente della sezione suinicola di Confagricoltura Cuneo -. I prezzi continuano a scendere complice un consumo ridotto. La carne non si vende e all’estero i costi sono più bassi. Ma se oltre confine produrre costa meno, il motivo è soprattutto legato alle spese di gestione degli allevamenti: spese energetiche nettamente inferiori, meno tassazione, meno burocrazia. Urge al più presto un intervento politico per abbattere questi costi indiretti e per eliminare le sanzioni alla Russia, da sempre mercato importatore di prodotti suinicoli, anche meno nobili. Paradossalmente – prosegue Barge -, la carne straniera pur essendo di minor qualità, attira di più la Gdo che importa comprando al risparmio e mettendo sul mercato carne che non ha certo il valore dei nostri capi. Si salvano i prodotti Dop. È da anni che si parla di etichettatura, ma la Gande Distribuzione non ha interesse a portare avanti il discorso. Abbiamo, in Italia, produzioni di altissimo livello e qualitativamente superiori, con controlli sanitari severissimi, ma poi tutto questo non ci viene riconosciuto sul mercato”.
La redditività dei suinicoltori, infatti, già calata del 3,3% nel 2014, in questi mesi ha continuato a scendere. Per risollevare il comparto la Confagricoltura sta portando avanti tante proposte, prima fra tutte la necessità di avere una base economico-commerciale solida e propositiva: “Abbiamo uno strumento come la Cun (Commissione unica nazionale) che continua a non funzionare perché non vengono coperti i costi di produzione, già molto bassi – sottolinea Giovanna Parmigiani, presidente della Federazione nazionale di prodotto Carni Suine di Confagricoltura -. Il Ministero aveva provato a varare un nuovo regolamento di gestione per la Cun dei suini da macello, ma secondo Confagricoltura la Cun deve funzionare secondo un contratto tipo per la definizione dei prezzi che una volta siglato venga realmente rispettato anche dalla parte industriale. Nel frattempo chiediamo al Ministero di non abolire le rilevazioni delle Cciaa di Modena e Milano che sono i nostri veri punti di riferimento”.
“Per rivalutare la nostra carne occorre quanto prima rendere obbligatoria l’etichetta di origine di carne e insaccati – sostiene Confagricoltura Cuneo -. Per uscire da questa grave crisi che attanaglia il settore suinicolo da anni è necessario dare il giusto valore anche agli altri tagli di carne del suino oltre che alla coscia, destinata alla produzione del prosciutto. I nostri suini sono allevati secondo disciplinari rigorosissimi che garantiscono una maggiore qualità, ma che poi è riconosciuta solo sulle cosce perché gli altri tagli sul banco della distribuzione vanno a confondersi con le carni provenienti dall’estero. Chiediamo un impegno al Ministero”.